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Emergenza lavoro

“Io e mio fratello, 39 e 35 anni, costretti a vivere in casa dei genitori. È una generazione perduta”

“Il nostro amore per Napoli è tanto, ma la sofferenza perenne in cui viviamo io e la mia famiglia è di più”. La storia di Alessandra e del fratello, laureati ultratrentenni e senza lavoro.
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foto archivio
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La storia di Alessandra arriva insieme a decine di altri racconti, conseguenti quelli della mamma col figlio 43enne disoccupato o di Carlo, il sociologo che ora fa l'operaio. Alessandra ha scritto per tre volte a Fanpage.it chiedendo di dar voce alla sua vicenda. Nessuna richiesta ulteriore: soltanto dare spazio a quelli che lei stessa definisce «gli invisibili».

Trentanove anni, napoletana, non ha mai avuto la soddisfazione di un lavoro retribuito, nonostante la laurea magistrale in Scienze Pedagogiche e la voglia di fare – bene – ciò per cui ha studiato ed è preparata. Niente da fare. Lei, così come il fratello, laureato in Architettura, 35enne, vivono ancora nella stessa cameretta in cui sono stati adolescenti, a casa dei genitori. Impossibile fare altrimenti, senza soldi, senza un lavoro, senza prospettive:

Ho una laurea magistrale in Scienze Pedagogiche, ho trentanove anni, vivo a Napoli centro, sono "innocupata", perché così viene definito chi non ha mai avuto un lavoro "retribuito", motivo per cui non è riconosciuto come Servizio e di conseguenza per punteggi ed abilitazioni insegnamento.

Una condizione, purtroppo, simile a quella di tante altre persone della mia generazione Millennials, specificamente Xennials, compreso mio fratello, con laurea magistrale in Architettura.

Una Generazione, la nostra: dimenticata, abbandonata, definita perduta … umiliata. Per noi, soprattutto che non abbiamo "santi in paradiso".

Il racconto è amaro, amarissimo, ma non cede mai allo sconforto. È il pessimismo della realtà che unito alla consapevolezza a renderlo così:

È vero, dormiamo ancora nel letto della cameretta di quando eravamo bambini, in quanto privi di autonomia economica (pure se dobbiamo ringraziare di avere ancora una "fissa dimora" ) e se aggiungiamo che il Coronavirus ha aggravato ulteriormente le difficoltà economiche di tanti genitori, compreso i miei.

Mi sento doppiamente offesa, umiliata e soprattutto impotente sia come persona sia come professionista, la quale fra tanti compiti ha soprattutto quello di aiutare persone che vivono un disagio, trovandomi in prima persona a viverlo, seppure di natura economica.

L'iter scolastico, universitario e professionale accomuna Alessandra ad Emiliano, il 42enne che ha scritto a Fanpage.it: maturità classica, nel mio caso, laurea in Scienze dell'Educazione e della Formazione (Anno 2007) e laurea Specialistica in Scienze Pedagogiche (Anno 2009) inerente al tema della Cura, non prettamente medica. «Ho ricevuto nel 2020 anche il Premio Laureata Eccellente», ci racconta Alessandra, con amarezza:

In cambio di tante promesse ed anche per me, di tante belle parole, ho svolto anche il Cultore della materia in Bioetica dal 2014 e per tre anni, con relative attività sia didattiche che approfondimenti sul tema della "Cura di sé, degli altri, del mondo", tema a me da sempre molto caro, ritenuto fondamentale ed inteso in senso universale.

Ho recensito libri, commenti per riviste, ho avuto altre esperienze importanti, formative, professionali nonché umane, interne allo stesso Ateneo ed anche esterne. Il tutto sempre a titolo gratuito, tranne il Servizio Civile, di circa 433 euro mensili.

Il racconto è questo, non contiene morali né leggi universali. Alessandra ci spiega che i genitori non hanno i requisiti per ottenere il Reddito di cittadinanza e che il papà attende ancora la Naspi (indennità di disoccupazione) causa licenziamento con strascichi legali.

La chiusura alla storia che ha raccontato spiega anche quanto l'assenza di lavoro comporti anche l'incapacità di sviluppare una propria vita, le relazioni personali. Divertirsi, poi, diventa un peso enorme: è impossibile.

Vorrei specificare che non solo si è costretti a vivere nella casa dei genitori per mancanza di lavoro (sono insegnante e pedagogista), ma si vive in un certo senso come in un perenne lockdown forzato in casa, che si è vissuto durante la pandemia.

Senza soldi non vi si può permettere di possedere un auto, di andare al cinema, a teatro, al mare e via dicendo.

Personalmente, mi sento impotente, di fronte a mio padre troppo vecchio per lavorare e giovane per la pensione, ha 65 anni, il quale è a casa per licenziamento involontario.

Praticamente non posso aiutare nemmeno i miei genitori dai capelli bianchi…Il nostro amore per Napoli, la nostra città che ci hanno trasmesso prima i nostri nonni materni, poi i nostri genitori è tanto, ma la "sofferenza"  perenne in cui viviamo io e la mia famiglia è di più.

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