In carcere per omicidio, si procura un telefono e tormenta la moglie della vittima

In carcere con l'accusa di omicidio, in attesa di processo, si era procurato un telefono e con quello tormentava la moglie della sua vittima. È uno dei particolari emersi dall'inchiesta a cui è collegato il decreto di perquisizione in corso questa mattina nella casa circondariale "Antimo Graziano" di Avellino; il provvedimento è stato emesso dalla locale Procura nei confronti di 18 indagati che sono, o sono stati, detenuti nella struttura a partire dal giugno 2024. La perquisizione, in particolare, interessa le stanze di reclusione che sono ancora occupate da alcuni degli indagati ed è mirata a trovare e sequestrare dispositivi elettronici e sim telefoniche.
In alcuni casi gli smartphone, oltre a consentire la connessione all'esterno, sia tramite voce sia tramite Internet, sono stati anche usati per commettere altri reati; in questo contesto ad uno degli indagati viene contestato il reato di atti persecutori nei confronti di una donna, vedova della vittima di omicidio per il quale l'uomo è in attesa di giudizio.
Le perquisizioni nel carcere di Avellino
In campo, dalle prime ore di oggi, 13 novembre, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino insieme a personale della Polizia Penitenziaria della casa circondariale "Antimo Graziano" e del Nucleo Investigativo Regionale per la Campania. Tutti gli indagati sono gravemente indiziati del delitto di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (art. 391 ter c.p.); in un caso si procede anche per il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.).
I detenuti collegati al social network
L'operazione si collega a una indagine di sistema svolta dai Carabinieri del Nucleo di Avellino a partire dal febbraio 2025 e mirata a contrastare il fenomeno dell'uso dei cellulari all'interno delle carceri, sia per comunicazioni tradizionali sia per la navigazione web e il collegamento ai social network.
Partendo da singoli casi emersi nel corso di altre investigazioni, i militari dell'Arma hanno svelato i contorni di un sistema che permetteva l'accesso in carcere di sim intestate spesso a persone inesistenti; l'analisi del circuito relazionale ha permesso l'identificazione dei detenuti partendo da quella dei familiari e degli amici. Sui profili social degli indagati sono emersi anche messaggi e immagini di rilievo investigativo.