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Il terremoto del 19 agosto 1561 nel Vallo di Diano: scossa di 6,5 e centinaia di morti

Il 19 agosto del 1561 il terremoto del Vallo del Diano che causò centinaia di morti e migliaia di sfollati: la scossa di 6.5 di magnitudo cancellò interi paesi.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il terremoto del 19 agosto 1561, Fonte / INGV
Il terremoto del 19 agosto 1561, Fonte / INGV

Centinaia di morti accertati, migliaia tra feriti e sfollati, due province ridotte ad un cumulo di macerie: è il tragico bilancio di una violenta scossa di terremoto 6.5 che il 19 agosto del 1561 squarciò i territori del Vallo di Diano, nel Cilento. L'epicentro fu a Polla e la scossa si sentì fino a Napoli da una parte e in Puglia dall'altra. Un terremoto che cancellò interi paesi e modificò in maniera irreversibile diversi territori di Cilento, Irpinia e Lucania.

Le prime scosse alcuni giorni prima

Il 31 luglio, attorno alle 18.40, una prima scossa con epicentro a Buccino (a pochi chilometri da Polla) aveva causato già un centinaio di morti in città, radendone al suolo il grosso delle case. Ma al di fuori di Buccino, pur avvertita distintamente, la scossa non fece danni o vittime. Buccino pagava di fatto il suo alto numero di vittime più allo stato fatiscente di molte case che al terremoto vero e proprio, comunque dagli esiti tragici. Ma non fu nulla rispetto a quanto accadde venti giorni dopo.

La grande scossa del 19 agosto

Erano le 14.10 del 19 agosto quando, improvvisamente, la terrà iniziò a tremare. La scossa, di magnitudo 6.5, aveva il suo epicentro a Polla e, in particolare, in una sorta di conca appenninica longitudinale: un fattore che contribuì ad estenderne il raggio d'azione, già molto ampio. A Buccino crollarono anche le macerie del 31 luglio. Ma altrove, fu il continuo della strage vista pochi giorni prima: a Polla il terremoto deviò, letteralmente, il corso del fiume Tanagro, che rimase bloccato dalle macerie per 24 ore consecutive. Oltre 40 persone morirono sul colpo in città, ma anche a Balvano, Muro Lucano e Sicignano degli Alburni, superando così i 150 morti nei soli dintorni di Polla.

Centinaia di morti e migliaia di sfollati

Altri 120 corpi circa vennero recuperati tra Atena Lucana, Caggiano e Sant'Arsenio, una sessantina tra Palomonte, Picerno e Vietri di Potenza, altri 15 corpi furono recuperati a San Pietro al Tanagro, una decina a Ottati. A Tito, oggi in provincia di Potenza a pochi chilometri dal confine campano, l'intero paese fu raso al suolo: furono recuperati oltre cento corpi e l'intera area restò di fatto disabitata per diverso tempo. La potenza della scossa fece anche staccare una enorme frana che seppellì l'intero paese di San Rufo. Più modesti i danni altrove: a Sala Consilina morirono 8 persone, diverse le case crollate in tutta l'Irpinia, con un'intera ala del Castello di Calitri che crollò. A Napoli, il terremoto fu avvertito distintamente dalla popolazione che scese in strada terrorizzata, ma non si registrarono decessi.

Il post terremoto

Le conseguenze, nell'immediato, portarono ad un massiccio esodo di sfollati verso altre zone di Irpinia e Cilento, dopo che appena un secolo prima s'erano visti 30mila morti per effetto di un'altra enorme scossa di 7.1 di magnitudo che distrusse vaste aree del meridione. Ma gli effetti peggiori si sarebbero visti postumi: un altro violento terremoto appena un secolo dopo distrusse il poco che le nuove generazioni avevano rimesso in piedi, e il territorio da allora rimase in uno stato di profondo abbandono soprattutto rispetto alle città che mano mano crescevano nella popolazione, soprattutto lungo le coste. La stessa zona sarebbe stata poi duramente colpita anche nel terremoto dell'Irpinia del 1980, che diede forse la mazzata finale alla possibile rinascita del territorio durante gli anni di ricostruzione post-bellica.

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