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Il rione Sanità oltre la fiction: il contesto criminale nel quartiere del centro storico di Napoli

Il rione Sanità non è più quello di anni fa, quando veniva concepito come territorio completamente in balìa della camorra; la riqualificazione, però, non è completa: per l’Antimafia sono ancora operativi tre clan.
A cura di Nico Falco
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Agguato al Rione Sanità
Agguato al Rione Sanità

Lo scooter piegato su un lato, accanto il corpo di un uomo, sullo sfondo la Basilica di Santa Maria della Sanità: scena immortalata nelle fotografie di cronaca e che risale al 14 novembre 2015, e quello a terra è Pierino Esposito, boss della Sanità, tra le tante vittime del sanguinoso scontro con i Lo Russo. Oltre dieci anni fa: altri tempi, altri contesti, stesso rione. Oggi la Sanità, nel cuore di Napoli, non è più il terreno di scontro aperto tra i clan, meta ambita per la posizione strategica soprattutto per il traffico di stupefacenti. La "rivoluzione" è tangibile: non più terra di camorra, nome che al solo sentirlo fa venire alla mente sangue e colpi di pistola, ma riscoperta del cuore antico e sempre vivo di Napoli, e la certificazione del cambiamento è la rinascita turistica.

Un percorso lungo, animato dai cittadini e che ha avuto il forte sprone nei primi anni duemila con il lavoro di don Antonio Loffredo (il cui personaggio ispira don Gennaro Santoro, il protagonista di "Noi del Rione Sanità", la fiction di Rai Uno con Carmine Recano), e non privo di ostacoli, come la faida che dieci anni fa aveva riportato il terrore tra i vicoli che furono di Totò. Ma oggi quel cammino non può dirsi finito: nonostante i grossi, enormi risultati, le criticità ci sono ancora, come testimoniano le relazioni dell'Antimafia e gli ultimi, gravi fatti di cronaca.

I clan di camorra attivi al rione Sanità

Nell'ultima relazione della Dia (relativa al primo e al secondo semestre del 2024) si legge che nel rione Sanità sono ancora attività i clan "storici". Una operatività non asfissiante e visibile come negli anni scorsi, quando la coesistenza nella stessa zona di clan contrapposti e il tentativo di infiltrazione di altri gruppi criminali portarono allo scontro armato, ma ancora in essere.

In particolare, per l'Antimafia evidenzia la presenza dei Sequino e dei Savarese, inquadrabili nella sfera di influenza del cartello dei Mazzarella, e dei Vastarella, che sono invece legati all'Alleanza di Secondigliano. Il rione Sanità sarebbe, inoltre, una delle aree del centro di Napoli dove si registra in particolare l'influenza dei Mazzarella e dei gruppi a loro collegati, insieme ai Decumani, la Maddalena, Porta Capuana e Porta Nolana, Forcella, il quartiere Mercato e San Giovanni a Teduccio.

L’omicidio del boss Esposito alla Sanità
L’omicidio del boss Esposito alla Sanità

Emanuele Durante ed Emanuele Tufano

L'operatività del clan Sequino, o perlomeno la sua presenza sul territorio come organizzazione criminale, trova conferma anche in fatti di cronaca più recenti. In particolare, nell'omicidio di Emanuele Tufano e, successivamente, in quello di Emanuele Durante. Storia su cui ancora non c'è una verità giudiziaria definitiva, ma che gli inquirenti riconducono agli scontri tra le baby paranze che si muovono, comunque, con i clan alle spalle.

I gruppi coinvolti sarebbero due: uno, appunto, del rione Sanità, l'altro delle Case Nuove. Tutto sarebbe partito con una "stesa non autorizzata" dal clan, che sarebbe diventata uno scontro a fuoco con il gruppo rivale. In quelle circostanze, il 24 ottobre 2024, sarebbe morto Emanuele Tufano, 15 anni. Il ragazzo faceva parte di un gruppo di 12 giovanissimi che, quella notte, si erano spostati dalla Sanità e avevano raggiunto il quartiere Mercato su sei scooter. La paranza si era però imbattuta in quella rivale e ne era nato un inseguimento con conflitto a fuoco. I rilievi balistici hanno evidenziato che Tufano era stato vittima di "fuoco amico", colpito da un proiettile esploso da qualcuno del suo stesso gruppo.

Cinque mesi dopo, il 15 marzo, è stato ucciso Emanuele Durante, 20 anni. Secondo le ricostruzioni sarebbe stato il capro espiatorio per la morte di Tufano. Dalle indagini è infatti emerso che il clan Sequino aveva svolto una sorta di "indagine interna" per trovare un responsabile da punire per la morte del 15enne, cugino di un elemento di vertice del gruppo criminale. L'uomo avrebbe interrogato tutti i ragazzi, ma senza ricavarne nulla. E anche questo sarebbe stato interpretato come una mancanza di rispetto per il clan. Poi sarebbe iniziata a circolare una voce: Durante aveva tradito gli amici, era d'accordo con quelli di piazza Mercato, li aveva attirati in trappola. Nessun riscontro e con tutta probabilità era tutto falso, ma sarebbe bastato questo, unito al fatto che Durante non aveva particolari legami con chi era ai vertici del gruppo.

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