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Il 5 maggio 1998 alluvione a Sarno, Bracigliano, Quindici e Siano: 161 morti, travolti dal fango

Il 5 maggio 1998 la frana di Sarno che causò 161 morti, 350 feriti e 3mila sfollati nella cittadina salernitana ma anche in quelle limitrofe. Fiumi di fango anche a Quindici (in provincia di Avellino). Da allora la protezione civile ha rivisto il sistema di allerta per scongiurare altre catastrofi.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il 5 maggio del 1998 la Campania fa i conti con uno dei disastri idrogeologici più gravi di sempre: l'alluvione di Sarno, così come è ancora oggi ricordata, ma che in realtà sommerse diversi comuni tra le province di Salerno ed Avellino. Furono 161 i morti di quella che ancora oggi viene considerata come uno dei disastri dovuti non solo alla furia della Natura, ma anche all'intervento dell'uomo che, distruggendo l'ecosistema, in questo caso causando il dissesto idrogeologico, spesso si scava da solo la propria fossa.

I primi giorni di maggio del 1998 furono caratterizzati da violente piogge: in 72 ore caddero circa 300 millimetri di pioggia, causando a livello idrogeologico una dissoluzione della continuità tra calcare e piroclasti del terreno. Questa dissoluzione comportò lo "scivolamento" dei piroclasti, che divennero così un fiume di lava vera e propria: il lahar, che ha come tratto distintivo l'altissima velocità ed una forza tale da travolgere ogni ostacolo. L'ora X avvenne attorno alle 15 di quel 5 maggio del 1998, quando una prima frana si staccò dal monte Pizzo d'Alvano, sfiorando il centro abitato. La pioggia, intanto, continuava a cadere incessante su tutta la zona, tra Sarno, Siano e Bracigliano.

Alle 17, la "grande alluvione" cominciò: diverse frane e colate di detriti travolsero Sarno e i centri vicini, travolgendo e distruggendo decine di case. Contemporaneamente, una seconda frana cadde anche su Siano. A Quindici, comune che si trova sull'altro versante del Pizzo d'Alvano, ne cadde una terza che seppellì sotto un ammasso di detriti e fango l'intera frazione di Casamanzi e il centro cittadino. Una quarta colata distrusse l'intera frazione Episcopio di Sarno. Ma è impossibile seguire il percorso della lava che, di fatto, si estese in ogni direzione, causando black-out e interruzioni di acqua e gas in tutta la zona. I soccorsi arrivarono e riuscirono a trarre in salvo diverse persone, ma tra le macerie emersero anche i primi morti. I feriti furono portati all'ospedale Villa Malta di Sarno, il presidio più grande della zona. E nessuno poteva prevedere che per alcuni di loro, proprio quell'ospedale sarebbe stato la loro tomba.

Poche ore dopo infatti, alle 23.31, una enorme frana si staccò nuovamente e travolse tutta la città e stavolta senza risparmiare neppure l'ospedale Villa Malta, travolto da fango e detriti. La lava seppellì cinque pazienti (tra cui due bambini), ma anche il portiere dell'ospedale, tre infermieri e due medici. La città piombò, letteralmente, nel caos. I primi elicotteri sorvolarono il luogo del disastro solo la mattina del 6 maggio. Il bilancio fu pesantissimo: gli scavi tra fango e macerie durarono diversi giorni e portarono ad un bilancio finale di 161 morti, tra cui un soccorritore, il vigile del fuoco Marco Mattiucci, che fu insignito postumo della medaglia d'oro al valore civile. Altri 350 furono i feriti, tremila gli sfollati.

Il maggior numero di vittime si registrò a Sarno, con 137 morti. Seguirono Quindici (11), Bracigliano (7), Siano (5) e San Felice a Cancello (1). Da allora, il sistema di Protezione Civile istituì nuovi sistemi di allerta, in base ai quali scatta l'allontanamento preventivo dai territori a rischio delle popolazioni interessate. Fu da quel 5 maggio del 1995 che nacque il monitoraggio in tempo reale delle piogge e sulle previsioni dell'innesco di colate di fango in seguito alle forti piogge. Ogni anno, il 5 maggio viene ricordato in tutti i comuni che furono interessati dall'alluvione di quel giorno. In particolare a Sarno, che pagò il prezzo più alto della furia degli elementi e del dissesto idrogeologico.

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