Finiti i fondi PNRR, via la prima precaria della Stazione Zoologica di Napoli: “Sfruttata e ora esclusa dai bandi”

Mentre la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini attacca gli studenti di medicina al grido di berlusconiana memoria “poveri comunisti”, all’interno di tutti gli enti di ricerca statali si sta consumando una mattanza silenziosa che riguarda – almeno – 6 mila persone.
I fondi del PNRR, attraverso il quale negli ultimi anni sono stati impiegati migliaia di ricercatrici e ricercatori, sono definitivamente terminati e il governo ha scelto di non destinare neanche un euro della Legge di Bilancio alle assunzioni. Tra i lavoratori che con la fine dei fondi PNRR andranno a casa c’è Alessandra, è diventata la prima vittima all’interno della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, uno dei 14 istituti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero della Ricerca.
“Con i fondi del PNRR sono state fatte acquisizioni massive di personale, e dopo essere state impiegate in maniera strutturale nella vita scientifica dell'ente, non saranno rinnovate”, denuncia a Fanpage.it.
La testimonianza: “Dopo anni di precariato sono disoccupata”
I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza erano destinati a specifici obiettivi ma, vista la cronica carenza di fondi per il personale degli enti pubblici di ricerca, queste risorse sono state impiegate per assumere persone addette alla gestione ordinaria. Un meccanismo ben noto a chi lavora a qualsiasi livello nella ricerca italiana: si passa di progetto in progetto svolgendo però sempre le medesime funzioni.
Lo stesso è successo anche a Passariello: “Ho preso servizio nel dicembre del 2021 con un contratto a tempo determinato di un anno per un totale di 3 anni. I primi rinnovi quindi erano previsti già dal mio contratto e il fondo era già stato stanziato dall’ente. A partire dal 2024, però, il rinnovo non era più contemplato, e mi hanno concesso una proroga grazie ai fondi di progetto PNRR, risorse che il Ministero aveva stanziato non per l'ente in sé, ma per la realizzazione di un progetto di ricerca specifico”. E sottolinea: "Io però a partire dal novembre 2024 avevo già maturato i requisiti per una stabilizzazione che però non è arrivata senza però alcuna spiegazione".
“Sono una storica della scienza e alla Stazione zoologica Anton Dohrn mi occupavo della valorizzazione del patrimonio storico, ovvero di studiarne le fonti documentali e di promuoverne la fruibilità pubblica”.
Nel ciclo infinito della precarietà, l’ipotesi più probabile è che a gestire il patrimonio potrebbero essere sono tirocinanti e borse di ricerca, persone sottoqualificate rispetto a lei, oppure con le medesime competenze ma che si accontentano di qualsiasi contratto pur di lavorare.
C’è una sola certezza, quella persona non potrà più essere lei, per un altro paradosso insito nel sistema del precariato. E, senza voler esagerare, questa è la prospettiva che si paventa per tutti i precari della Stazione Zoologica il cui contratto è in scadenza.
Come apprende Fanpage.it, altre due ricercatrici nelle prossime settimane si vedranno negato il rinnovo esattamente come è successo a Passariello. A queste si aggiungono poi i circa 20 ricercatori ancora precari all’Anton Dohrn, secondo la rilevazione effettuata nel corso del 2025 dall’istituto stesso. Si tratta di dati mai diffusi in via ufficiale ma raccolti successivamente alla richiesta di una ricognizione sul precariato promessa ai sindacati dalla ministra Bernini alla fine del 2024.
Se si considera che tra il 2021 e il 2024 i dipendenti a tempo indeterminato dell’Anton Dohrn erano stimati in 135, significa che almeno il 13% della forza lavoro è costituita da precari. “Non immaginavo che tante persone stessero provando quello che provavo io, e proprio per questo non avevo mai avuto il coraggio di fare alcunché. Per tanto tempo ho sottostimato le mie emozioni, e anche la percezione di essere stata sfruttata dall’ente per cui ho lavorato, perché credevo di essere la sola”.
Ora la ricercatrice guarda all’estero, come hanno fatto già 33 mila ricercatori italiani: “Sono stata fuori dall’Italia per tanti anni, poi sono tornata ed è cominciata la trafila del precariato. Ma come me molti altri stanno pensando di andare via di nuovo”.
I Precari Uniti: “I fondi PNRR non hanno drogato il sistema, era già malato”

In queste settimane i ricercatori precari di tutta Italia sono scesi in piazza a Roma per chiedere al governo di intervenire con fondi diretti alla loro stabilizzazione proprio a fronte del terremoto scatenato dalla fine delle risorse del PNRR. Una battaglia vana, soprattutto considerato che l’Italia è già sottoposta a una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per l’abuso di contratti a termine nella pubblica amministrazione, in particolare del personale docente.
Per fare fronte a un'emergenza ben nota è stata quindi promulgata nel 2015 la legge Madia per la stabilizzazione dei precari della PA, non solo quindi dei docenti e del personale amministrativo Ata.
“La legge si rivolge a precari con almeno 3 anni di anzianità. I lavoratori con contratto a tempo determinato hanno diritto alla stabilizzazione diretta; mentre tutti quelli con altre forme contrattuali come ad esempio l'assegno di ricerca, possono avere accesso a dei concorsi interni riservati. Si tratta però solo di una indicazione, e non di un obbligo, e quindi molto spesso viene disattesa”. Lo spiega a Fanpage.it Andrea Mattera, referente dei Precari Uniti del Cnr, la rete di lavoratori che insieme ai sindacati CGIL, CISL e UIL sta chiedendo al governo di intervenire per stabilizzare i ricercatori assunti prima e durante l’iniezione di fondi del PNRR.
Dei 6 mila ricercatori precari italiani, ben 4 mila appartengono al Cnr, dove costituiscono il 33% della forza lavoro. Questo lo rende non solo il più grande istituto pubblico di ricerca italiano, ma anche il più grande incubatore di precari del paese.
“L'ultimo concorso è stato fatto nel 2018, quando sono entrato io. Da allora ne ho atteso un altro anno dopo anno, e adesso uno è attualmente in corso, ma conta 68 posti a fronte di 4 mila precari totali”.
Il problema non riguarda il singolo ente, ma lo Stato stesso, a cominciare proprio dalla ministra Bernini, nelle cui mani c’è un comparto fanalino di coda in Europa, basti pensare che il Max Planck, il più grande istituto pubblico di ricerca tedesco, riceve oltre 1 miliardo di euro in più all’anno rispetto al nostro Cnr. E questo si riflette anche sui risultati.
“Non è stato pensato un finanziamento strutturale per sostenere l’investimento attuato con il PNRR – fa presente Mattera – Sento spesso dire che è il PNRR stesso ad aver ‘drogato’ in qualche modo il sistema, ma non è così, il sistema era già malato. La Germania investe il 3,11 % del Pil nella ricerca, ma persino la Spagna investe l’1,49 %, e l’Italia appena 1,37%. Il PNRR quindi ci ha avvicinato un po’ alla media europea del 2%, ma con la sua fine tutti i precari rimarranno a casa”.
“Sapevo che la ricerca era precaria – ammette – ma non immaginavo che a 40 anni mi sarei trovato ad andare a dormire con il sacco a pelo al Cnr per occuparlo”.