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Fanno esplodere un bar per eliminare la concorrenza nella loro zona: 3 in manette a Nocera

Tre persone in manette a Nocera Inferiore per la bomba che aveva sventrato un bar in pieno centro: il gruppo voleva “evitare” che ne venisse aperto un secondo in una zona ritenuta di “loro” pertinenza. Dopo l’attentato, due componenti della società si erano defilati per paura di altre ripercussioni.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Una bomba carta fatta esplodere all'interno di un bar self-service, come "avvertimento" per i proprietari a non aprirne un secondo sulla stessa strada in cui c'era un'attività commerciale a loro "cara". Non avevano esitato ad usare le maniere forti per convincere i titolari a non fare concorrenza a chi era sotto la loro "protezione". Un interesse che si era tramutato in un atto intimidatorio sfrontato, avvenuto in pieno centro cittadino di Nocera Inferiore, a pochi passi dal palazzo comunale. Tre le persone coinvolte e raggiunte da un mandato di custodia cautelare nella giornata di oggi. E non solo: altri elementi, riconducibili al medesimo gruppo, non avevano esitato a minacciare di distruggere un altro negozio, stavolta per recuperare un "credito" dovuto ad una vasta operazione di riciclaggio di denaro. Quest'oggi, il cerchio si è chiuso attorno a dieci persone, tutte accusate a vario titolo di estorsione, danneggiamento, detenzione e porto abusivi di materiale esplodente, riciclaggio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e lesioni personali, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.

L'episodio più grave è quello avvenuto in un bar self-service di Nocera Inferiore: pur di "convincere" i titolari a non aprire un secondo punto vendita che andasse a fare concorrenza ad un altro sotto la loro "protezione" (il bar "protetto" né i loro titolari tuttavia risultano coinvolti al momento in questa vicenda, ndr), avevano piazzato una bomba carta all'interno, che con la sua esplosione aveva provocato danni enormi all'intero locale. Bomba carta in seguito alla quale due dei tre imprenditori della società decidevano di farsi da parte, come spiegato a Fanpage.it dal colonnello Gianluca Trombetti, comandante provinciale dei carabinieri di Salerno. Una minaccia, dunque, che era riuscita nel proprio scopo di non far aprire il secondo punto vendita alla società.

Nel secondo caso, invece, i soggetti coinvolti avevano messo in atto svariate minacce (anche fisiche) per costringere la titolare di un negozio di abbigliamento di Cava de' Tirreni a "sbloccare" una serie di operazioni per effettuare del riciclaggio di denaro. Operazioni che, giudicate sospette anche dall'istituto di credito della donna, le erano state bloccate. In quest'ultimo caso, gli inquirenti hanno scoperto che nel gruppo c'erano non solo elementi della mala locale, ma anche esponenti di clan camorristici di Napoli e provincia: e nel dettaglio, di uomini ritenuti vicini tanto al clan Contaldo di Pagani quando a quello dei Mazzarella di Napoli, mostrando così una sorta di "reciproco interesse" tra i sodalizi criminali nel controllo del territorio dell'agro nocerino-sarnese.

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