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Equipaggio del 118 sequestrato in casa ad Acerra: “Dovete portare mio fratello in ospedale”

L’equipaggio di un’ambulanza del 118 è stato sequestrato, per diverse decine di minuti, in un’abitazione di Acerra, in provincia di Napoli: una donna pretendeva che trasportassero il fratello in ospedale e, quando il medico si è rifiutato perché non era necessario, ha chiuso la porta a chiave impedendo loro di uscire. La situazione risulta con la mediazione di un altro familiare e dei carabinieri.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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Un equipaggio del 118 è stato sequestrato per diverse decine di minuti in un'abitazione di Acerra, in provincia di Napoli, dopo che il medico si era rifiutato di portare un uomo in ospedale: una familiare ha chiuso la porta e ha impedito ai sanitari di lasciare l'abitazione. La situazione si è risolta dopo parecchio grazie alla mediazione di un altro familiare e all'arrivo dei carabinieri, che nel frattempo erano stati chiamati dall'equipaggio.

A denunciare l'accaduto è Nessuno Tocchi Ippocrate, l'associazione che segnala gli episodi di violenza ai danni dei sanitari durante i servizi del 118 e all'interno degli ospedali. A quanto ricostruito l'ambulanza era arrivata in una palazzina popolare di Acerra su richiesta di una famiglia, che voleva che un loro congiunto, paziente Covid, fosse trasportato in ospedale. L'uomo, è però emerso, non presentava criticità, le sue condizioni di salute non erano tali da giustificare il ricovero, né tantomeno il trasporto col mezzo in emergenza, e soprattutto era stato dimesso dal Pronto Soccorso di Frattamaggiore circa un'ora prima. Quando il medico ha spiegato che, quindi, non avrebbe autorizzato il trasporto, la sorella è andata in escandescenze e ha chiuso a chiave la porta di casa, impedendo di fatto ai medici e agli infermieri di lasciare l'abitazione.

"La sorella – scrive Nessuno Tocchi Ippocrate, rilanciando la segnalazione – pretendeva un nuovo trasporto in Pronto Soccorso nonostante la stabilità clinica, come se l'ambulanza fosse un taxi. Alla fine l'equipaggio è stato liberato tramite la mediazione di un altro fratello e dei militari dell'Arma. Chiediamo alla magistratura di applicare la massima pena affinché questi episodi non macchino più i nostri camici sudati durante una pandemia a dir poco estenuante".

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