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Campi Flegrei

Crollo a Punta Pennata dopo terremoto 4.6, l’esperto: “A rischio i costoni dei Campi Flegrei”

Il Dipartimento di Ingegneria civile della Federico II di Napoli: “Aumentare il livello di attenzione sulla costa colpita dai fenomeni del bradisismo”
A cura di Pierluigi Frattasi
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"I costoni tufacei dei Campi Flegrei sono fragili e a rischio crollo nel caso di forti scosse di terremoto, come avvenuto lunedì 30 giugno a Punta Pennata, dopo il sisma di magnitudo 4.6". Ne è convinto Luca Pagano, docente di Geotecnica delle  infrastrutture del Dicea della Federico II. Il Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell'ateneo fridericiano ha acceso i riflettori sulla fragilità del territorio e sulla necessità di un'attenta valutazione del rischio da frana nell'area dei Campi Flegrei. "Parliamo di un territorio fragile – spiega Pagano – che potrebbe franare sotto i colpi di nuovi terremoti. Come Dipartimento, chiediamo di aumentare il livello di attenzione sulla costa colpita dai fenomeni del bradisismo.

Perché è crollato il costone a Punta Pennata con il terremoto 4.6

Pagano ha analizzato le motivazioni che potrebbero aver portato alla frana di lunedì, avvenuta dopo il sisma con epicentro nel Golfo di Pozzuoli, poco a largo di Bacoli. "Lo scuotimento sismico ha innescato fenomeni di instabilità in falesie costiere di tufo ubicate non distanti dalla zona epicentrale, richiamando l’attenzione sulla vulnerabilità sismica di tali formazioni connessa a pregresse condizioni di stabilità già precarie. Le formazioni coinvolte, tipiche dell'area napoletana, presentano una genesi e una matrice porosa, con legami coesivi deboli, che determinano una propensione allo sviluppo di discontinuità".

Secondo il Professore Pagano, "la fragilità intrinseca derivi proprio dalle discontinuità presenti all'interno del tufo e come queste possano aver avuto origine da molteplici cause:  sovrapposizioni stratigrafiche di prodotti eruttivi successivi, processi di raffreddamento- contrazione  differenziale post-eruttivi, azioni esogene di tipo fisico (vento, escursione termica, piogge) o biologico (radici vegetali), e infine effetto dell’azione marina. Proprio l’erosione da moto ondoso esercita spesso un ruolo chiave nella destabilizzazione dei fronti a contatto con il mare: essa consiste in uno scalzamento progressivo alla base della falesia che origina un aggetto progressivamente sempre più instabile. L'ammasso roccioso a ridosso del fronte si ritrova così con superfici verticali fortemente sollecitate, tanto più quanto maggiore è la profondità dello sbalzo".

"Alzare il livello di attenzione sulle frane"

"Il crollo a Punta Pennata – aggiunge – è verosimilmente riconducibile al cedimento di un tratto di falesia già predisposto all’instabilità da questi meccanismi erosivi, e spinto oltre il limite di resistenza dal recente scuotimento sismico. Altri episodi, come i distacchi di blocchi tufacei osservati alla base del Castello Aragonese di Baia, confermano lo stato di degrado diffuso, che rende  vulnerabile tali sistemi anche ad azioni sismiche non eccezionali. La vegetazione stessa, seppur apparentemente innocua, contribuisce ad aggravare la vulnerabilità delle falesie: le radici penetrano nelle fessure della roccia, favorendone l'apertura e aggravando l'indebolimento strutturale dell'ammasso.

La conclusione è che “questi fenomeni impongono una riflessione urgente sul rischio da frana nell'area flegrea, non solo in un'ottica di protezione civile, ma anche per la tutela del patrimonio naturale e culturale” ribadisce Pagano. È fondamentale avviare studi approfonditi e interventi mirati per la messa in sicurezza dei versanti e la prevenzione di futuri crolli, salvaguardando sia la sicurezza dei cittadini che la bellezza paesaggistica di un'area di inestimabile valore".

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