Coprifuoco Napoli, in piazza Plebiscito la protesta dei “fantasmi” del lavoro nero
Ancora proteste dei commercianti e degli imprenditori contro il coprifuoco in Campania disposto dal governatore Vincenzo De Luca e le chiusure anti-Covid del DPCM del Governo che ha chiuso le attività alle 18. Ieri in migliaia sono scesi in piazza del Plebiscito a protestare fino a notte, con un corteo che poi è sfilato anche sul Lungomare. In strada anche i lavoratori a nero, travestiti con i lenzuoli dei fantasmi: “Siamo invisibili, ma esistiamo”, gridano. I manifestanti tornano a sfilare sul Lungomare. Un lungo corteo pacifico da piazza del Plebiscito fino a Santa Lucia, scenario degli scontri con le forze dell'ordine avvenuti nella notte tra venerdì e sabato.
In migliaia tornano sul Lungomare
Sono migliaia. Commercianti, negozianti, ristoratori, imprenditori, tassisti, artigiani (ci sono anche i pastorai di San Gregorio Armeno), lavoratori dei baretti della movida. Si radunano a partire dalle 18 nell'emiciclo antistante la Prefettura. Inneggiano alla “Libertà”, e portano striscioni chiedendo aiuti economici al Governo e alla Regione Campania. Sui cartelli le scritte: “De Luca dimettiti”, “Fateci riaprire”. “Non esisto ma ci sono”. “Se ci chiudi devi pagare”. “Niente lockdown senza sostegno”. E, ancora, “Scandaloso è l'assembramento per i tamponi non quello per le manifestazioni”. In serata il lungo corteo si dirige verso Santa Lucia. Dopo essere arrivati davanti alla sede della Regione Campania, i manifestanti si dirigono sul lungomare. Qui la Polizia in assetto antisommossa blocca alcuni manifestanti, subito rilasciati.
Giovani fantasma: “Lavoro a nero, ma non sono invisibile”
“Io sono uno dei tanti lavoratori a nero – racconta un ragazzo travestito da fantasma – lavoro in cucina, ma di misure per tutti quelli che come noi sono fantasmi e in città continuano a servire le pizze non ne vedo”. “Hanno avuto 6 mesi per potersi organizzare – spiega una giovane – e affrontare al meglio la situazione e siamo a questo”. “A noi chi ci sta pensando? – grida una donna – Nessuno, ve lo assicuro, noi abbiamo avuto la cassa integrazione: 400 euro a marzo e 360 ad aprile e nient'altro. C'è gente che deve mangiare: le ragazze che lavorano con me ancora non hanno percepito un euro di cassa integrazione”. “I nostri locali aprono alle 18 – spiega un lavoratore dei baretti – generalmente quindi da oggi siamo chiusi. Così non riusciamo a sopravvivere a un nuovo lockdown”. “Ho perso il mio lavoro di bartender – racconta un altro giovane – per questa situazione, io chiedo solo di lasciarci lavorare”. “Ho paura che non sarà un mese – dice una ragazza – ma molto di più”. “Sono un ragazzo di 20 anni, diplomato a scuola e a teatro e faccio il piccolo imprenditore. Da una settimana scendo, entro nei negozi e sento sempre la stessa frase: no, ora non è il momento. La fame fa uscire il lupo dal bosco”. “Io devo fare la chemio”, urla un altro uomo.