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Elezioni politiche 2022

Il pienone di Conte a Napoli non preoccupa solo il Pd. M5s vuole pescare voti anche a destra

Giuseppe Conte a Napoli e in provincia fra bagni di folla, passeggiate e propaganda. Obiettivo: pescare voti dal centrodestra.
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«Seggi contendibili». E giù una serie di collegi e di dati. Sono i soliti sondaggi politici riservati, un po' di verità e molte patacche, circolano su Whatsapp e Telegram a ridosso di ogni appuntamento elettorale. Ma la storia dei seggi contendibili infiamma il Movimento Cinque Stelle. Che ci crede e ne ha ben donde.

Loro ci credono, gli altri, invece, temono. Fino a due settimane fa a Napoli e in provincia dal centrosinistra il ragionamento per gli indecisi era quello classico del cosiddetto «voto utile». Ovvero: se votate M5s votate per il Centrodestra. Perché loro non fanno altro che sottrarre voti al centrosinistra e favorire l'alleanza Meloni-Salvini-Berlusconi.

Con l'ultima discesa di Giuseppe Conte a Napoli è chiaro che qualcosa è cambiato nella percezione. I bagni di folla fanno sempre molto effetto da queste parti, dove tutti hanno avuto difficoltà a recuperare presenze agli eventi elettorali e dove Vincenzo De Luca ha dovuto far venire i bus "da fuori" (Salerno e Caserta) alla Stazione Marittima quando si è presentato con Enrico Letta.

Conte ha scelto vicoli e piazzette ma l'effetto (ironia della sorte, ricorda molto il primo Matteo Renzi segretario Pd) è garantito. Perfino Roberto Fico che a Napoli c'è nato e che è un caposaldo del mondo Cinque Stelle dagli albori può fare solo da spalla, può solo accompagnare.

È per il Reddito di cittadinanza che la gente vota M5s? Sì. Ma non solo. Non è solo per la tesserina gialla, per il sussidio che molti napoletani intascano (a marzo per l'Rdc lo Stato nella sola città di Napoli ha speso quanto per l'intero Nord Italia). C'è sicuramente una parte di elettorato del Pd che voterà Movimento Cinque Stelle perché delusa dalla composizione delle liste e dai cosiddetti "paracadutati" del suo partito.

E ancora: anche se negli ultimi mesi l'opposizione pentastellata a Vincenzo De Luca è pressoché azzerata, il malcontento di area progressista su De Luca & co. si tradurrà, in parte, nell'astensione, ma in parte anche al momento del voto. Che non andrà a destra.

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Poi ci sono i temi. Quello dei lavori precari e malpagati che valgono meno del sussidio, quello più generale della povertà che tocca anche fasce diverse dal sottoproletariato, è ovviamente sentitissimo. Conte ne parla sempre.

Le due grandi paure sono collegate, ovvero la guerra e i suoi effetti sull'Italia: crisi energetica, rincaro delle materie prime e così via. Per questo Conte su questo pigia tantissimo e cerca di pescare anche da un elettorato non ideologizzato, non destrorso per radice missina, ma che voterebbe per il leader deciso e chiaro, di pancia:

Veramente mi fa specie che Meloni, Renzi e altri si siano intestati questa guerra contro i poveri, loro che guadagnano 500 euro al giorno.
Meloni & co disprezzano chi non ha nulla, chi si trova in un momento difficile.

Credo che nessuna persona di buon senso, nessun generale che sia dentro a questa vicenda militare possa escludere oggi il rischio nucleare.
Chi può garantire che non stiamo correndo questo rischio?

In provincia, nel popolosissimo hinterland napoletano il Movimento Cinque Stelle resta il partito del no alle discariche, della lotta alla Terra dei fuochi, dei cortei anti-impianti. Dunque a Caserta, passando per Torre del Greco, Acerra e Giugliano, è gioco facile. «Vogliono togliergli tutto» grida (ma non troppo) Conte, camicia bianca «Aumentano le bollette, era già chiaro mentre  gli italiani erano sotto l'ombrellone», dice ancora e giù appalusi. «Gli altri ci bullizzano, ci attaccano.

Vuol dire che stiamo facendo bene» dice ai suoi per rincuorarli.  La macchina di propaganda militante dei Cinque Stelle è rodatissima, ma un anno fa nessuno avrebbe scommesso un euro sul rinnovato slancio da outsider in campagna elettorale. «Seggi contendibili», e giù inoltro di Whatsapp con numeri, percentuali, partiti collegi. Balle o no, il bandwagon effect è servito.
Beppe Grillo è roba da museo, Luigi Di Maio è il traditore. Gli altri aggettivi sono quelli della propaganda d'un tempo. E davanti c'è solo Peppe, Giuseppe, il presidente, Conte.

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