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Caso Alhagie Konte, manifestazione ed ispezione a Poggioreale: “È morto di carcere”

In 700 manifestano all’esterno del carcere napoletano dove il giovane 27enne era detenuto. Erano stati disposti accertamenti medici, ma non sono mai stati fatti. Dal 27 luglio avrebbe chiesto di essere portato in medicheria, dove è arrivato solo il 30 settembre.
A cura di Antonio Musella
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In centinaia sono arrivati sotto al carcere di Poggioreale per chiedere verità e giustizia per Alhagie Konte, il giovane di 27 anni detenuto nel carcere napoletano e morto a seguito di una grave forma di tubercolosi. La Procura sta indagando per chiarire se Alhagie abbia ricevuto o meno le giuste cure all'interno del carcere, prima di essere trasportato, alla fine di settembre, già in condizioni gravissime all'ospedale Cardarelli e successivamente al Cotugno, dove è morto dopo 6 giorni. Ormai era troppo tardi per combattere la malattia.

Il ragazzo, prima di finire in carcere, era stato un attivista del Movimento rifugiati e migranti di Napoli, e sono stati proprio loro a denunciare pubblicamente la vicenda della sua morte e tutti gli aspetti oscuri. Al presidio convocato fuori al carcere di Poggioreale hanno preso parte in 700, per lo più migranti, ma anche con una presenza significativa di attivisti e società civile.

"Alhagie è morto di carcere"

Insieme alla manifestazione all'esterno del carcere c'è stata anche una visita all'interno dell'istituto penitenziario da parte dei deputati del Movimento 5 Stelle Dario Carotenuto e Marianna Ricciardi. I due parlamentari hanno chiesto di visita la struttura e di visionare anche la cella in cui era detenuto Alhagie Konate. Il ragazzo era un lavorante ed il suo compito, per un periodo, era quello di lavare le celle dell'isolamento. Per comodità alla fine del turno dormiva in quella parte del carcere, ma non da solo, insieme ad altri.

Nel mese di agosto Alhagie sarebbe ritornato nella sua cella nel padiglione Salerno e le sue condizioni di salute sarebbero apparse subito molto precarie. "I compagni di cella ci hanno detto che tra agosto e settembre la sua salute è peggiorata notevolmente – spiega a Fanpage.it Dario Carotenuto abbiamo appreso che il personale medico aveva disposto più volte per lui anche degli accertamenti pneumologici e delle radiografie al torace. Ma non sono stati eseguiti. Molto spesso manca il personale di scorta per condurre i detenuti all'esterno presso gli ospedali pubblici per fare i controlli diagnostici. In un sistema normale Alhagie si sarebbe potuto curare e salvare, invece è morto".

Proprio su tutto l'iter di assistenza medica è al centro dell'indagine che sta svolgendo la Procura della Repubblica di Napoli. "Le condizioni di vita all'interno del carcere uccidono le persone, li colpiscono nella salute fisica e mentale, non lo scopriamo ora che Poggioreale è un istituto fallimentare, ma questa storia ce lo evidenzia", sottolinea Carotenuto.

All'interno del carcere la delegazione non ha trovato però ad accoglierli nessuna figura dirigenziale. Non c'era il direttore del carcere, non c'era il vice direttore del carcere, non c'era il responsabile sanitario del carcere. Ad attendere i parlamentari solo il capo della polizia penitenziaria. "A lui abbiamo chiesto di vedere la schede dei trasferimenti, per capire i movimenti fatti da Alhagie, ma ci ha detto che i terminali erano in manutenzione. Peccato che pochi minuti dopo, quando è andato via, abbiamo visto che funzionavano perfettamente" racconta il deputato 5 Stelle.

"Il caso di Alhagie ci dice che l'intero sistema non funziona – incalza Carotenuto – lui è morto di carcere, ma nella stessa condizione ci sono tantissimi altri detenuti, le condizioni igienico sanitarie sono vergognose, ci sono detenuti il cui stato di salute non è compatibile con il regime carcerario. Noi ritorneremo presto perché vogliamo parlare con il direttore del carcere e con il responsabile sanitario, faremo un'interrogazione parlamentare al Ministro Nordio, bisogna intervenire subito perché altri potrebbero fare la fine di Alhagie".

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Gli attivisti: "Lì dentro nulla ha a che fare con la giustizia"

Il Movimento rifugiati e migranti non cesserà la mobilitazione sul caso di Alhagie, anche per tenere un riflettore acceso sulle condizioni dei detenuti nel carcere di Poggioreale, dove a fronte di 1300 posti vivono invece 2150 detenuti. "Alhagie era un ragazzo buono, era molto piccolo quando è arrivato in Italia – ci racconta Maddalena Verrone del centro sociale Ex Opg "Je so pazz" – viveva in condizioni pessime in un centro di accoglienza vicino Piazza Garibaldi, è lì che lo abbiamo conosciuto, ed insieme a noi è diventato un attivista. Ma le condizioni di estrema precarietà lo hanno poi portato a finire in carcere, come tocca alla maggior parte dei migranti nel nostro paese, discriminati, esclusi e abbandonati a loro stessi".

Fuori dal carcere la folla grida "Libertà! Libertà!" mentre, dalle celle che si affacciano su Piazzale Cenni, i detenuti alla vista della manifestazione rispondono con la battitura delle sbarre. "Alhagie era gonfio, respirava a fatica, espettorava muchi, questo è quello che ci hanno raccontato i suoi compagni di cella – ci spiega Saverio Mascolo del Movimento Rifugiati e Migranti – quando gli è stato concesso di fare il lavorante ha avuto una visita medica, a febbraio 2025, ma non è stato testato per la tubercolosi, che può essere in incubazione per molti mesi. Dal 27 luglio, secondo quanto riferito dai compagni di cella, Alhagie avrebbe chiesto più volte di andare in medicheria, ma non sarebbe mai stato possibile portarlo, visto che si entra solo il martedì, ed il piantone che doveva portarlo in medicheria non era disponibile. Solo il 30 settembre Alhagie è stato finalmente portato al pronto soccorso del carcere, dove sono state riscontrate condizioni drammatiche, che hanno indotto il personale medico a chiedere il trasferimento all'ospedale Cardarelli in emergenza senza passare per l'autorizzazione del giudice di sorveglianza". 

Il caso di Alhagie Konate è l'ennesimo che si consuma nel carcere di Poggioreale, diventato tra gli istituti penitenziari con le condizioni peggiori d'Italia. "All'interno di quel posto non c'è nulla che ha a che fare con la giustizia – sottolinea Mascolo – le condizioni sono drammatiche, sia per lo spazio che per condizioni igieniche. Le docce sono in condizioni igienico sanitarie da prigione libica, su 4 vani doccia ne funzionano 2, hanno l'acqua calda un'ora al giorno. Il responsabile del decesso di Alhagie è il sistema carcerario, lo hanno lasciato morire, a nostro avviso in tanti sapevano della situazione e nessuno agiva. È necessario accertare le responsabilità dell'autorità carceraria e di quella medica, ed è necessario per tutti i detenuti che oggi sono lì. In molti avrebbero diritto a pene alternative, ma il sistema non funziona e quindi sono costretti a vivere in quell'inferno".

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