Campi Flegrei, il vulcanologo De Natale: “Bisogna pensare ad un piano di trasferimento progressivo”

Altri terremoti "possibili, finché continua il sollevamento del suolo" ai Campi Flegrei. E pertanto iniziare a pensare ad "un trasferimento progressivo e ben programmato di buona parte dei residenti della zona rossa, in aree limitrofe". A Fanpage.it il professor Giuseppe De Natale, Vulcanologo e dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia (Ingv), conferma quanto spiegato nei mesi scorsi. "Rispondo come sempre a titolo personale, per la mia esperienza di ricercatore", ha precisato De Natale, che poi ha spiegato: "In quest’area, la magnitudo massima è di circa 5: questo risulta non soltanto da calcoli sismologici teorici, ma anche dalle cronache storiche dei terremoti più forti avvenuti prima e dopo l’eruzione del 1538", ha aggiunto.
Professore, la velocità di sollevamento dal suolo, seppur rallentata, continua. Dal 2006 ad oggi, il suolo si è alzato quasi di un metro e cinquanta: cosa è lecito aspettarsi, nel limite ovviamente delle ipotesi, per le prossime settimane?
Bisogna aspettarsi, come sempre, altra sismicità. La sismicità è pressoché continua, ma poiché è in massima parte di magnitudo molto bassa, non è quasi mai avvertita. La distribuzione della sismicità, per una legge di natura, è tale che la frequenza di terremoti diminuisce di circa 10 volte per ogni grado di magnitudo in più: ad esempio, più o meno ogni 100 terremoti di magnitudo 2 ce ne sono 10 di magnitudo 3 ed 1 di magnitudo 4. Poiché la distribuzione statistica della frequenza di terremoti è costante, quando aumenta la frequenza di terremoti, anche di bassa magnitudo, aumenta la probabilità di avere terremoti più forti. I terremoti più forti sono comunque rari; è per questo che, dopo ogni terremoto molto forte, passa molto tempo prima del prossimo, e molti pensano che sia tutto finito. Purtroppo, finché dura il sollevamento, ci sarà sismicità.
Prevedere i terremoti, come sappiamo, è impossibile. Tuttavia, sappiamo che finché il bradisismo durerà, potranno esserci scosse sempre maggiori. Qual è l'intervallo "massimo" di magnitudo possibile?
Questa storia che i terremoti non si possono prevedere è purtroppo un’affermazione tanto diffusa quanto erronea, che di per sé fa grossi danni. In realtà conosciamo le zone dove possono avvenire forti terremoti, sappiamo quali magnitudo massime aspettarci ed anche la loro probabilità. L’unica cosa che non possiamo prevedere è il tempo esatto in cui avverranno; ma questa è un’informazione quasi inutile, perché l’obiettivo dev’essere che gli edifici resistano a terremoti di data magnitudo massima. Ai Campi Flegrei, in aggiunta, sapevamo benissimo, almeno fin da 8 anni fa, che se il sollevamento del suolo fosse progredito avremmo avuto una sismicità sempre più forte, fino agli attuali livelli ed anche maggiori: si poteva e doveva agire, verificando gli edifici almeno nelle zone a maggior rischio, che sono perfettamente note, già da allora. Oggi non avremmo avuto alcuna emergenza sismica come quella in atto, con una quantità di edifici sfollati ed il rischio concreto, ad ogni nuovo terremoto, di vittime. In quest’area, la magnitudo massima è di circa 5: questo risulta non soltanto da calcoli sismologici teorici, ma anche dalle cronache storiche dei terremoti più forti avvenuti prima e dopo l'eruzione del 1538.
I Campi Flegrei sono uno dei supervulcani più sorvegliati al mondo, l'altro è il Vesuvio. Sfatiamo un mito: non c'è correlazione tra l'attività dell'uno con gli altri, giusto?
No, sebbene le camere magmatiche principali, localizzate tra 8 e 10 km di profondità, siano collegate, non c’è mai stata alcuna correlazione tra le eruzioni del Vesuvio e dei Campi Flegrei. I due vulcani hanno anche tipologie eruttive profondamente distinte: il Vesuvio produce eruzioni magmatiche classiche, mentre la quasi totalità delle eruzioni flegree è di tipo ‘freatomagmatico’, ossia generato dal mix esplosivo del magma in risalita che incontra l’acqua di falda superficiale.
Allo stato attuale, ritiene che la soluzione più valida sia l'evacuazione dei residenti dalla zona rossa o altro? E sugli attuali piani di evacuazione, invece, ha un parere espressamente da vulcanologo?
Io ho suggerito nel Settembre 2023 al Prefetto dell’epoca, prima che iniziasse la sismicità più forte (magnitudo 4 ed oltre), di verificare al più presto gli edifici nell’area più a rischio, ossia entro 1-1.5 km di raggio dalla zona Solfatara-Pisciarelli-Agnano, evacuandola magari preventivamente mentre si effettuavano le verifiche. Quella è l’area dove peraltro la popolazione, che in buona parte se n’è già andata, spontaneamente o perché sfollata dopo i terremoti più forti, avverte continuamente la sismicità nella maniera più destabilizzante e pericolosa per gli edifici. E quella è anche l’area, per quanto ne sappiamo oggi, a più alto rischio di una eventuale esplosione freatica. E’ un’area molto limitata, in cui vive qualche decina di migliaia di persone. E’ molto più piccola dell’area successivamente indicata a ‘rischio bradisisma’, che contiene 85mila persone circa; la zona ‘rossa’, che dovrebbe essere evacuata in caso di eruzione imminente secondo gli attuali piani di emergenza, è invece enorme e contiene circa 550.000 persone. Per quanto riguarda i Piani di Emergenza, ho detto più volte e scritto in pubblicazioni scientifiche che andrebbero rivisti, perlomeno completati, in quanto a tutt’oggi non si sa realmente dove andrebbero i cittadini evacuati: si sanno le Regioni gemellate, ma questa è un’indicazione estremamente grossolana ed incompleta. E in ogni caso, ci sono moltissimi luoghi, nella Regione Campania o comunque nel Mezzogiorno, dove si potrebbero eventualmente ricollocare con minore disagio le popolazioni evacuate. Un’altra questione che non viene mai discussa è la durata dell’evacuazione, che, ragionevolmente, sarà di decenni o per sempre: se infatti l’eruzione avviene in tempi brevi, il territorio sarà in buona parte non più praticabile; se non avviene in tempi brevi non vuol dire che non avverrà, e certamente non si riporteranno nella situazione precedente oltre 500mila persone. La soluzione più intelligente è un trasferimento progressivo e ben programmato di buona parte dei residenti della zona rossa, in aree limitrofe. Il problema è soltanto diminuire la popolazione residente, allo scopo di rendere resiliente il territorio e facile un eventuale allontanamento anche ad eruzione in corso; per il resto, queste aree possono e debbono continuare a prosperare, con il turismo e le altre attività compatibili con la natura del territorio.