A Napoli la camorra è sempre più dei ragazzini. Gratteri: “Non chiamatele paranze”

C'è chi a venti anni è già visto come un boss affermato, chi alla stessa età ha già "nel curriculum" diversi omicidi. È il fenomeno della camorra dei ragazzini, che già da anni gli inquirenti e gli investigatori tengono sotto stretto monitoraggio, che col passare del tempo diventa sempre più evidente e opprimente. Non si tratta di bande di giovanissimi che si muovono in maniera autonoma, il rapporto col clan non è più di "tolleranza" o semplice emulazione, è un legame ben più saldo. È l'età, così bassa, non deve trarre in inganno: chiamarle "paranze" è riduttivo, anche le logiche che li muovono sono quelle del "sistema". La conferma, l'ennesima, arriva dalle inchieste che hanno hanno portato all'arresto di 16 persone (tra cui 6 minorenni) e hanno fatto luce sugli omicidi di Emanuele Tufano, 15 anni, ed Emanuele Durante, 20 anni, operazioni eseguite ieri mattina, 8 maggio, da Carabinieri e Polizia di Stato.
La camorra dei ragazzini a Napoli
"Ero troppo giovane per capire cosa stavo facendo. Il boss mi ha rovinato la vita". Salto indietro al 2018, queste erano state le dichiarazioni di un giovanissimo, in carcere, ritenuto un killer al soldo del clan. Figlio di un camorrista, a 21 anni era diventato l'arma da usare nella faida che in quel periodo insanguinava il rione Sanità. Ruolo di subalterno, ma comunque di primo piano nell'organizzazione criminale. In quegli stessi anni era stato ucciso Emanuele Sibillo, probabilmente il prototipo del baby boss, quello della "paranza dei bambini", che le inchieste giudiziarie hanno dimostrato essere una articolazione del clan Contini. E Walter Mallo, che aveva cominciato una guerra con uno dei clan più potenti in quegli anni, al momento dell'arresto aveva solo 26 anni.
A seguire, la lunga lista di criminali in cui il dato anagrafico non conta. Gli ultimi esempi a Pianura, dove le "paranze dei bambini" sono state diverse (dai giovanissimi del clan Marsicano a quelli dei Carillo, fino alla banda che avrebbe spadroneggiato dopo gli arresti nei clan e al contesto in cui, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, per questioni legate al controllo della droga un ragazzino di 16 anni è stato indotto ad uccidere il 20enne Gennaro Ramondino, parte del suo stesso gruppo criminale.
Il fenomeno indica come la separazione tra camorra e bande sia sempre più sottile, spesso inesistente. Prima logiche di reclutamento, quindi di fusione. Se prima era il clan che "pescava" tra i giovanissimi, approfittando delle sacche di degrado, di diserzione scolastica, di povertà, adesso quei giovanissimi non vengono più tenuti ai margini, usati come semplice manovalanza: c'è la "crescita interna", spesso favorita da arresti e omicidi, e possono ambire a ruoli di comando.
Sempre più bassa l'età degli indagati
Il procuratore Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sulle inchieste sfociate ieri mattina in arresti, si è soffermato anche sul "trend" che, col passare del tempo, è sempre più chiaro e che riguarda l'Europa e l'Italia, in particolare Napoli: l'età degli indagati si abbassa sempre di più. E non relativamente a quei reati che vengono comunemente percepiti di poco conto: i giovani, anche i giovanissimi, sono coinvolti in dinamiche di camorra.
"Sempre più si abbassa l'età degli indagati – dice Gratteri – di questi attori protagonisti che stanno commettendo reati che fino a qualche anno fa erano appannaggio solo degli adulti: è impressionante come dei ragazzini, che sono al limite tra la minore e la maggiore età, commettano reati di sangue".
Gratteri: "Giovane età non tragga in inganno: è camorra"
Nel caso specifico, Gratteri ha ricordato le modalità con cui è avvenuto l'omicidio di Emanuele Tufano, inquadrato in un gruppo del rione Sanità e nell'ambito di uno scontro con altri giovanissimi del quartiere Mercato. "Sei moto, con 12 persone a bordo. Armati. Dal rione Sanità vanno sul territorio del clan Mazzarella – sottolinea – se li definiamo "paranza", allora vuol dire che non esiste l'organizzazione mafiosa Mazzarella, vuol dire che non esiste l'organizzazione mafiosa della Sanità. Se voi pensate che siano 12 ragazzi che scorrazzano senza un senso e una dinamica mafiosa, allora non dobbiamo contestare il 416 bis. La giovane età non deve trarre in inganno. Non entriamo in questa logica, in questa narrazione di colore che piace tanto a certa saggistica. Stiamo ai fatti. Stiamo parlando di un esercito di 12 persone che va in un territorio di una delle famiglie più importanti di camorra, il clan Mazzarella, a sparare. Non possiamo parlare di un qualcosa di estemporaneo. Parliamo di un qualcosa di strutturato, organizzato e deciso".