Violenze al Beccaria, cosa sappiamo sulle indagini a carico di don Claudio Burgio e don Gino Rigoldi

Il cappellano del carcere minorile ‘Beccaria' don Claudio Burgio e il suo predecessore don Gino Rigoldi sarebbero tra le 51 persone indagate nella maxi inchiesta sulle presunte violenze e torture che si sarebbero verificate all'interno dell'istituto penale milanese. La notizia è stata anticipata questa mattina, giovedì 23 ottobre, dal quotidiano La Repubblica e l'agenzia di stampa LaPresse ha fatto sapere di averne trovato conferma da fonti inquirenti, riportando l'omessa denuncia come reato ipotizzato. Contattato da Fanpage.it, don Gino ha invece smentito: "Non siamo assolutamente tra gli indagati e non siamo stati denunciati", ha dichiarato il sacerdote, "siamo stati ascoltati, ci hanno chiesto cosa sapevamo noi di questi episodi. Siamo citati nell'inchiesta in quanto persone che lavoravano nel carcere, ma al massimo i ragazzi mi raccontavano di qualche ‘incidente di percorso', non certo di un sistema".
Le indagini sui pestaggi al ‘Beccaria'
Le indagini sui pestaggi e sulle torture che si sarebbero verificati tra il 2022 e il 2024 all'interno del carcere minorile ‘Beccaria' di Milano sono coordinate dalle pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena, insieme all'aggiunta Letizia Mannella. La scorsa estate le magistrate hanno chiesto al giudice del Tribunale di sentire in tutto 33 ragazzi, presunte vittime, in incidente probatorio.
Le persone indagate in un primo momento erano 27, poi sono salite a 42 e, infine, sarebbero 51. Tra queste ci sarebbero le due ex direttrici Cosima Buccoliero e Maria Vittoria Menenti, gli agenti accusati dei pestaggi, l'ex comandante Francesco Ferone, medici e infermieri. I reati ipotizzati sono, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti aggravati, lesioni e falso.
Le posizioni di don Claudio e don Gino
Come riportato da La Repubblica, i nomi dell'attuale cappellano dell'istituto, don Claudio Burgio, e del suo precedessore, don Gino Rigoldi, sarebbero apparsi nell'ultima informativa di 900 pagine presentata dagli investigatori della Squadra Mobile e finita agli atti del fascicolo della Procura. Le loro posizioni sarebbero ancora al centro di "approfondimenti che sono in corso", ma il reato ipotizzato è quello di omessa denuncia.
Secondo gli investigatori, infatti, i due sacerdoti sarebbero stati "consapevoli delle violenze" che alcuni giovani detenuti avrebbero subito negli anni, ma non avrebbero mai denunciato. L'agenzia di stampa LaPresse ha fatto sapere di aver confermato la notizia attraverso fonti inquirenti.
Don Gino Rigoldi a Fanpage.it: "Non siamo indagati, ma siamo stati ascoltati"
Diventata pubblica la notizia dei due sacerdoti indagati, don Gino Rigoldi, che è stato cappellano al ‘Beccaria' per 50 anni, ha spiegato a Fanpage.it che in realtà lui e don Claudio non sarebbero "assolutamente tra gli indagati e non siamo stati denunciati". Il parroco, oggi presidente della Fondazione che porta il suo nome e di Comunità Nuova Onlus, ha affermato: "Siamo stati ascoltati, ci hanno chiesto cosa sapevamo noi di questa faccenda. Io ho raccontato che in 50 anni di servizio nessun ragazzo è mai venuto a dirmi di essere stato massacrato di botte".
Secondo don Gino, questo potrebbe essere avvenuto per due motivi principali. Il primo è che "questi pestaggi avvenivano di notte e, da quanto ho capito, il ragazzo picchiato veniva messo in isolamento e poi trasferito. Io andavo là solo di pomeriggio e, forse per ingenuità, non sono mai andato a chiedere se qualcuno era stato pestato oppure no", ha ricordato il parroco. Il secondo motivo, ha aggiunto, è che "al massimo i ragazzi mi parlavano di qualche ‘incidente di percorso‘, ma che ci potesse essere dietro un ‘sistema' non è mai arrivato alle mie orecchie". In conclusione, don Gino ha dichiarato di essere stato "ascoltato come persona che lavorava al ‘Beccaria', ma come me c'erano tantissime altre persone, come insegnanti, educatori, psicologi e assistenti sociali".