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Un lavoratore della logistica: “Lavoro 8 ore tra camion e sotto il sole, ma l’ordinanza anti caldo non mi tutela”

La testimonianza di un impiegato nel settore della logistica in Lombardia, che fa parte dei lavoratori non tutelati dalla recente ordinanza anti-caldo di Regione Lombardia. “Quando ci sono 35 o 40 gradi siamo costretti a cercare riparo all’ombra dei furgoni”
A cura di Francesca Del Boca
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"Anche il nostro lavoro si svolge all'aperto. Ma nessuno ci tutela nei giorni di temperature estreme: il business non si può fermare mai". È la testimonianza a Fanpage.it di A.C., 45 anni, da dieci anni impiegato in una nota multinazionale di logistica che ha sede nella bassa Bergamasca. Una categoria di lavoratori non tutelata dalla recente ordinanza anti-caldo emanata a inizio luglio da Regione Lombardia, che prevede misure specifiche nelle giornate "ad altro rischio calore" per gli impiegati nei settori dell'agricoltura, dell'edilizia, delle cave e del florovivaismo ma (al contrario di altre regioni del Nord come Emilia‑Romagna, Liguria e Veneto) non per quelli della logistica. 

"In teoria la politica dell'azienda prevede che, in questi casi, si debba lavorare all'esterno solo quattro ore, mentre le restanti quattro ore devono essere svolte all'interno del magazzino. Questo però non succede, nella quotidianità", racconta oggi il dipendente, che ha mansioni di gestione dei furgoni in entrata e in uscita nel piazzale dell'azienda. Un'isola di asfalto bollente nel pieno centro di una zona industriale della Pianura Padana, circondata da fabbriche e costruzioni di cemento. "Nel piazzale dei camion le temperature diventano insostenibili e il tendone che dovrebbe farci ombra è di plastica. Nelle ore centrali della giornata, quando ci sono 35 o 40 gradi, siamo costretti a cercare riparo all'ombra dei furgoni. La stessa attività di controllo del piazzale potrebbe essere svolta benissimo dall'interno, o da prefabbricati raffreddati con aria condizionata d'estate e riscaldati d'inverno… ma non ci sono gli investimenti da parte dell'azienda. Basti pensare che di casetta ce n'è solo una, ovviamente chiusa a chiave e inutilizzata. Senza contare che il magazzino, poi, non è mai sufficientemente raffreddato. La maggior parte è al caldo".

Da contratto, in teoria, i lavoratori possono però fare pause di dieci minuti ogni ora, da utilizzare per rientrare all'interno del fabbricato e rinfrescarsi comunque grazie all'aria condizionata. "La realtà, però, è che l'impatto del lavoro è talmente frenetico che, soprattutto nelle settimane di picco, nessuno dei dipendenti può davvero permettersi tutte queste pause. Bisogna stare dietro agli ingressi dei truck che arrivano in fila, allo smistamento nelle baie di riferimento, al carico e scarico della merce e dei bancali… alla fine, d'estate, sto ogni giorno otto ore solo il sole. Da contratto l'azienda, tra l'altro, in determinate circostanze può obbligare i dipendenti ad effettuare straordinari, facendoci così lavorare in queste condizioni fino a nove o dieci ore giornaliere, invece delle solite sette ore e mezza. Io, poi, ho 45 anni. Ma i miei colleghi di 55, 60 o più anni non ce la fanno, così non possono andare avanti ancora per molto. Non sono in grado di reggere fisicamente questa situazione".

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