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Covid 19

Un anno fa l’inizio della strage Covid nelle Rsa: “Non ci hanno fatto fare tamponi fino ad aprile”

“Un’ordinanza della Regione Lombardia prevedeva, da febbraio ad aprile, di non poterci far processare i tamponi neanche privatamente perché ai laboratori era stato proibito di processare i tamponi in via privatistica”. Questa, secondo il direttore amministrativo Eugenio Aimi di una Rsa di Maleo (Lodi), la vera ragione della strage nelle case di riposo causata dal Covid-19 durante la prima ondata della pandemia. L’intervista di Fanpage.it.
A cura di Filippo M. Capra
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È già trascorso un anno da quel fatidico 21 febbraio 2020, giorno nel quale a Codogno, nel Lodigiano, venne diagnosticato per la prima volta il contagio da Covid-19 in un cittadino italiano. Quello che allora non sapevamo e che, forse, in pochi si sarebbero aspettati, era la violenza e la distruzione che il virus avrebbe portato con sé per dodici mesi. Bloccandoci a casa, ridefinendo schemi di un'esistenza che non aveva mai subìto interruzioni, e, soprattutto, spezzando vite. Molte, moltissime di queste, se le è portate via entrando senza permesso nelle Rsa e nelle case di riposo, colte alla sprovvista dal nemico invisibile che, subdolo, si trasmetteva da un paziente all'altro.

Ad un anno di distanza dalla strage che ha colpito i centri per anziani lombardi, Fanpage.it ha intervistato Gianpiero Marzani ed Eugenio Aimi, rispettivamente direttore sanitario e direttore amministrativo di una Rsa di Maleo (Lodi), la Monsignor Trabattoni, per ricostruire il quadro di devastazione e cercare di capirne le cause. Su tutte, spiegano, l'assenza di tamponi e l'impossibilità di farne processare in via privatistica fino ad aprile. Un mese e mezzo dopo lo scoppio della pandemia.

La denuncia: Non ci hanno dato tamponi fino ad aprile

"La sensazione è stata quella di essere in uno stato di abbandono", spiega il dottor Marzani mentre cerca i ricordi con lo sguardo fissando le mura che l'hanno costretto a lavoro dalle 6 alle 22 di ogni giornata del marzo scorso. I momenti duri vissuti lo riportano a quando, in caso di bisogno, se avesse chiamato "il 118 per un infarto miocardico acuto, non sarei riuscito a salvare la persone". Dal primo marzo, aggiunge ancora, "era diventato impossibile inviare i nostri anziani in ospedale". La situazione era ancora più delicata a causa del mancato tracciamento dei positivi. Tale condizione, spiega il direttore Aimi, era dettata da "un'ordinanza della Regione Lombardia che prevedeva, da febbraio ad aprile, di non poterci far processare i tamponi neanche privatamente perché ai laboratori era stato proibito di processare i tamponi in via privatistica".

La mail ricevuta dal dottor Marzani
La mail ricevuta dal dottor Marzani

"Questa la causa delle morti nelle Rsa"

Inoltre, senza la consegna dei medesimi da parte dell'Ats ("Ce ne hanno mandati 20 in totale", sottolinea il dottor Marzani), il contagio ha potuto diffondersi indisturbato e senza il minimo controllo. "Questo – tuona – è il problema reale che è successo e che ha prodotto il diffondersi dell'epidemia, più ancora che non l'ingresso – che nella maggior parte delle Rsa non c'è stato – di pazienti positivi dagli ospedali".

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