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Uccise una escort con 85 coltellate: confermata la condanna a 18 anni per l’ex bancario

La Corte d’Assise d’Appello ha confermato la condanna a 18 anni di reclusione per Cristian Losso, l’ex bancario di 43 anni che il 20 luglio del 2002 ha ucciso con 85 coltellate Alves Rabacchi, transessuale ed escort brasiliana.
A cura di Giorgia Venturini
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Manuela, la trans uccisa in casa (Facebook)
Manuela, la trans uccisa in casa (Facebook)

Arriva anche in Appello la conferma della condanna a 18 anni di reclusione per Cristian Losso, l'ex bancario di 43 anni che il 20 luglio del 2002 ha ucciso con 85 coltellate Alves Rabacchi, transessuale ed escort brasiliana. I fatti erano successo in via Plana a Milano: il pubblico ministero Antonio Cristillo nella requisitoria davanti alla Corte d'Assise lo scorso marzo aveva parlato di un "calvario" per la vittima. L'accusa aveva precisato che l'assassino aveva "inferito su una persona inerme, che non si è difesa, che non ha lottato. Le sue unghie, anche piuttosto lunghe, erano intatte, in casa non vi è un solo oggetto rotto, il vicino di casa che stava facendo colazione non ha sentito nulla". Per questo la Procura aveva stato chiesto l'ergastolo per l'ex banchiere. Poi la sentenza di primo grado, confermata ora anche dalla Corte d'Assise d'Appello, si era espressa con una condanna di 18 anni.

Riconosciute le attenuanti generiche

Durante le udienze di primo grado l'imputato aveva ammesso l'omicidio precisando però – come riporta l'agenzia stampa Ansa – che non ricordava "tutte quelle coltellate". L'ex banchiere aveva poi spiegato che Alves Rabacchi lo aveva ricattato di divulgare foto e video compromettenti per la sua carriera se non gli avesse consegnato dei soldi. Da qui la decisione di ucciderla. E proprio su questo punto i giudici si sono basati per concedere delle attenuanti generiche: nella motivazione della sentenza di primo grado la corte, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, aveva scritto che era stato tenuto conto del fatto che "all'origine del gesto dell'imputato vi era stato un ricatto della vittima" che, nonostante non possa integrare "l'attenuante della provocazione" data la "spropositata reazione aggressiva", va considerato comunque in relazione "all'elemento psicologico che ha caratterizzato l'omicidio". L'uomo durante la fase di indagini era stato sottoposto a perizia psichiatrica: il perito nominato dai giudice ha reso pubblico che Losso in quel periodo faceva abuso di sostanze stupefacenti e di alcol. La difesa infatti ha richiesto il ricorso per ottenere una valutazione più scrupolosa in merito all'effettiva capacità di intendere e volere del loro cliente. Ora si attendono le motivazioni della sentenza di secondo grado entro 60 giorni e poi la decisione di un eventuale ricorso in Cassazione.

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