Uccise la cognata a coltellate dopo una lite, condannato a 23 anni di carcere Giuseppe Caputo

È stato condannato a 23 anni di reclusione Giuseppe Caputo, il 62enne che il 23 ottobre 2024, nel cortile di una palazzina di via Magellano a Nova Milanese (Milano) ha aggredito a coltellate prima la nipote di 28 anni e successivamente la cognata Giovanna Chinnici, intervenuta in difesa della figlia: la donna è poi morta a causa delle ferite riportate.
Lo hanno deciso i giudici della Corte d’assise di Monza, presieduta da Stefania Donadeo, che hanno escluso l’aggravante della premeditazione, stabilito risarcimenti provvisionali per oltre 800mila euro a favore dei familiari della vittima e disposto 5 anni di custodia in una struttura psichiatrica e 3 anni di libertà vigilata una volta scontata la pena.
La perizia psichiatrica
Una decisione che arriva dopo il risultato della perizia disposta dal tribunale che aveva tabilito la seminfermità mentale, e non la totale incapacità di intendere e volere come aveva concluso una prima consulenza della Procura. L'accertamento, richiesto dai familiari della vittima attraverso i loro legali, aveva certificato infatti un disturbo delirante di tipo persecutorio, ma comunque con un margine di capacità di determinare le proprie azioni.
Le denunce tra parenti
I rapporti di Caputo con i parenti e vicini di casa, secondo quanto emerso dalle indagini, da tempo erano ormai molto più che tesi. Da anni i vicini sentivano attraverso le pareti frequentissime discussioni a voce alta, scontri, insulti, con tanto di svariati interventi delle forze dell'ordine per sedare i litigi tra le famiglie delle tre sorelle che abitavano con mariti e figli nello stabile di via Magellano.
Il figlio di Caputo: "Tensione insopportabile in famiglia"
"Il parcheggio condominiale non c'entrava niente, non l'ha colpita per quello", aveva dichiarato intanto a Fanpage.it il figlio del 62enne, già denunciato dai familiari e dirimpettai per atti persecutori e comportamenti molesti come prendere a calci e pugni le automobili dei parenti. "Ci sono interessi economici più profondi, di proprietà". E non solo. "La tensione tra le famiglie era insopportabile. Continuavano con i condizionatori a buttarci del freddo in casa. Una persona trattata in questa maniera poi reagisce, anche se l'ha fatto nel modo sbagliato. Pensavamo di trasferirci… ma ormai il danno è fatto".
