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Uccisa in Valtellina dal compagno, il centro anti violenza a cui si era rivolta: “Emilia Nobili non ha colpe”

Il centro antiviolenza a cui si era rivolta Emilia Nobili, l’ex professoressa uccisa dal marito in Valtellina, ha commentato in un comunicato il femminicidio. Volontarie e operatrici hanno preso le distanze da chi negli scorsi giorni ha sostenuto che sia stata colpa di Nobili.
A cura di Alice De Luca
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Immagine di repertorio
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Le donne del centro antiviolenza "Il Coraggio di Frida" hanno pubblicato online un comunicato in merito al femminicidio della ex professoressa Emilia Nobili a Poggiridenti, in Valtellina, in provincia di Sondrio. Prima di essere uccisa dal compagno Mohamed Rebani, che ha confessato l'omicidio ai Carabinieri, Nobili si era rivolta proprio a questo centro dopo aver subito da parte dell'uomo violenze e maltrattamenti. "Non vogliamo leggere le solite frasi, le accuse rivolte alle donne sul perché non lascino i compagni violenti – hanno scritto le operatrici e le volontarie del centro – Emilia non ha colpe, non ha responsabilità".

In particolare le donne hanno criticato i commenti di chi, negli scorsi giorni, ha sostenuto che Nobili avesse contribuito al suo omicidio riaccogliendo il marito violento in casa. "Emilia era una donna come noi – hanno scritto – Ha lavorato insieme al centro per capire come prendere le distanze dal marito, in un'ottica di protezione personale, ed ha poi creduto alla voce di quello stesso uomo, che le ha chiesto aiuto. Emilia, come molte donne, ha ascoltato l'uomo con cui ha trascorso una vita ed è questa la complessità dei maltrattamenti in famiglia".

"La semplificazione delle storie di violenza – hanno continuato – poco ha a che fare con la complessità della vita delle donne che attraversano questo fenomeno e, con dolore, coraggio e fatica affrontano un percorso di fuoriuscita. L'atto estremo del femminicidio è espressione di un problema strutturale e culturale, che trova radici nella disuguaglianza di genere e nella concezione delle donne come proprietà maschile".

Il femminicidio di Nobili risale alla sera di giovedì 31 luglio. A denunciarlo è stato lo stesso Rebani, fermato il giorno successivo, nella notte tra il 1° e il 2 agosto, da una pattuglia dei Carabinieri di Lecco per un controllo di routine. Ai militari l'uomo ha confessato di avere ucciso la moglie la sera prima e ha fornito tutte le coordinate dell'accaduto. I colleghi sono quindi andati nell'appartamento che la coppia condivideva a Poggiridenti e hanno scoperto il cadavere della donna, uccisa a coltellate. L'autopsia ha rivelato che Nobili è stata colpita con diversi fendenti a petto, addome e fianchi. Nei pressi dell'abitazione i militari hanno trovato anche l'arma del delitto e i vestiti utilizzati per l'omicidio.

Ad Aprile Rebani era stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per maltrattamenti e lesioni ai danni della moglie, con sospensione condizionale della pena e contestuale liberazione. A giugno, però, l'uomo era tornato a vivere nella casa di Poggiridenti. Nell'interrogatorio davanti al gip del tribunale di Lecco, l'uomo si era avvalso della facoltà di non rispondere e il giudice aveva deciso di convalidare il suo arresto. Il caso è passato sotto la competenza della Procura di Sondrio, provincia dell'omicidio.

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