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Raul Cremona, 30 anni di Zelig: “Jannacci e il Derby Club hanno rivoluzionato la comicità italiana”

Dopo il successo del ritorno in tv, Zelig resta il punto di riferimento della comicità con il suo teatro in viale Monza a Milano. A dirlo a Fanpage.it è lo storico volto del varietà Raul Cremona.
A cura di Filippo M. Capra
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Trent'anni di carriera a quello che, allora, era un locale nato dalle ceneri del Derby Club, noto luogo di Milano in cui il cabaret l'ha fatto da padrone per quasi tre decenni. Raul Cremona è uno dei volti storici e di maggior rilievo dello Zelig, inteso come teatro, e di Zelig, il programma televisivo, evoluzione della messa in scena dal vivo senza piccolo schermo. Da Silvano il mago di Milano a Oronzo, da Omen a Jacopo Ortis: i personaggi di Cremona sono tra i più noti del panorama comico italiano. Un panorama che ha subìto grandi cambiamenti, il più rivoluzionario dei quali, dice il cabarettista a Fanpage.it, "è avvenuto con Jannacci e Cochi e Renato". L'occasione per incontrarlo è il ritorno al teatro Zelig in viale Monza a Milano per una tre giorni di spettacoli.

Torni allo Zelig dopo il successo del ritorno di Zelig in tv. È andata più che bene, no?

Sì e la gente si aspettava questo ritorno. Ma non è solamente il pubblico in generale che si aspetta questo, è che c'è proprio la carenza di spettacolo di varietà, la cui caduta risale a tanti anni fa. Programmi come Mai Dire Gol e Zelig hanno segnato un'epoca, la gente ha bisogno di divertirsi così.

È questa la missione dello Zelig ora? 

Zelig nasce prima come locale ma parliamo di una Milano di altri tempi che offriva più possibilità ai giovani che volevano fare questo mestiere. Poi la città è cambiata velocemente, quando sono morti i locali, ed ora è sempre più difficile trovare lo spettacolo dal vivo. Zelig rappresenta un punto fermo in questo, anche se da locale di cabaret si è trasformato in teatro.

Quali le principali differenze?

Con cabaret intendiamo un luogo dove i comici e il pubblico si trovano e si mescolano. In teatro c'è un palco e il pubblico in sala.

Mai pensato di aprire un locale di cabaret vista la nostalgia? Perché quel sorriso? 

No, mai! La morte di ogni comico è aprire un locale di cabaret, perché noi abbiamo avuto quei locali nei quali tutte le sere lavoravamo ma sappiamo benissimo cosa vuol dire, avendone visto la caduta.

La tua "generazione Zelig" è degna erede della "generazione Derby"?

La mia generazione è quella che arriva quando il Derby chiude, quindi noi ci siamo portati un pochettino quel sentore all'interno di Zelig che aveva in comune con il Derby il desiderio di fare spettacolo. Per cui le persone che sono nate dentro Zelig si portavano quell'ossatura dei comici che li avevano preceduti.

Quando la comicità italiana ha dato una sterzata rivoluzionaria al mestiere? 

La vera rivoluzione comica avviene secondo me con Enzo Jannacci che è quel Big Bang che genera una nuova comicità. Un esempio fra tutti: Cochi e Renato che rappresentano un esempio di comicità irraggiungibile.

Quali gli anni più belli a Zelig? 

Sono stati quelli alla fine degli anni Ottanta quando eravamo sulla Martesana. Dopo nasce una sorta anche di maleducazione da parte del pubblico: la televisione contamina così tanto lo spettacolo che la gente giù in platea crede di avere il telecomando in mano. E può succedere di tutto.

Che progetti hai ora per il futuro? 

Porterò a teatro uno spettacolo che vuole essere un po' più introspettivo e più personale nel quale voglio raccontarmi. È giunto il momento di allontanarmi da quello che ho fatto e tentare di fare cose nuove.

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