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“Piazza Fontana è una storia di oggi: da Pinelli ai segreti all’estero, tanto resta da scoprire”

Cosa è successo in piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969? Cosa sappiamo sulla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e, soprattutto, sui 50 anni di indagini e depistaggi? E come lo sappiamo? Quanti segreti restano ancora da scoprire? Fanpage.it ha intervistato il giornalista che ha raccolto e studiato tutti i documenti disponibili sulla strage, due milioni di pagine, per provare a rispondere a queste domande.
A cura di Simone Gorla
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Cosa è successo in piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969? Cosa sappiamo sulla bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura e, soprattutto, sui 50 anni di indagini e depistaggi? E come lo sappiamo? È passato più di mezzo secolo dalla strage che ha cambiato la storia dell'Italia, incidendo profondamente sugli avvenimenti, molti dei quali altrettanto tragici, dei decenni successivi. Perché è importante parlarne? Il giornalista Massimo Pisa ha provato a cercare le risposte a queste domande andando a scavare nei documenti che raccontano la storia di piazza Fontana. Milioni di pagine, alcune facilmente accessibili, altre nascoste e recuperate dai magistrati, altre inedite.

Una mole di materiale che è confluita in un libro di oltre 1.100 pagine, Lo Stato della strage — 1969: i precedenti, le bombe, il contesto italiano e internazionale". Intervistato da Fanpage.it, l'autore riflette sull'importanza di ricordare, ancora oggi, quanto avvenne. A 51 anni dalla morte delle 17 persone coinvolte nell'attentato. A cui si somma quella di Giuseppe Pinelli, morto in Questura quattro giorni più tardi.

Perché dedicare oggi tempo ed energie a studiare un avvenimento di 51 anni fa?

Me lo chiedo ogni volta che sento i ragazzi dire che è un periodo storico che non si studia a scuola. Quando mi rendo conto che tanti hanno idee molto sbagliate su quanto avvenne. Un fatto che ha avviato una serie di onde d'urto che continuano a propagarsi anche oggi.

In che modo?

Se in Italia le cose sono andate in un certo modo in seguito, molto dipende dal fatto che in quel periodo la società poteva prendere una direzione e alcuni fatti l'hanno fatta andare in altro modo. Se oggi una certa cultura neo fascista o post fascista torna a galla è anche per quel motivo. La gente non conosce e non sa. Spesso, questa ignoranza si riflette sul presente, sul nostro modo di essere cittadini, sulla nostra vita pubblica. Questo è il motivo per interessarsi a piazza Fontana. È l'origine di tutto quello che è accaduto dopo. Una storia piena di trame e misteri. Chi ci si avvicina resta sconvolto e affascinato.

Quanto è vasto il materiale di cui oggi disponiamo per capire cosa accadde?

È una mole di lavoro enorme, difficile da maneggiare, ma per capire com'è andata la strada è questa: leggere tutto quello che hanno prodotto magistrati, inquirenti e servizi. In questo caso bisogna leggere due milioni di pagine, alcune delle quali ancora nei cassetti.

Cosa si comprende da queste pagine?

Si capisce che quella sulla strage è stata un'enorme partita di Risiko, dove ognuno seguiva la sua strategia. E ancora oggi mancano tanti pezzi, tante cose non le sappiamoancora. Le carte sono state tirate fuori con fatica dai cassetti, e molto potrebbe esserci da trovare. È una ricerca potenzialmente infinita e non possiamo dire che alcune cose non le sapremo mai. Chiunque può continuare la ricerca.

Cosa sappiamo oggi, dopo tre processi e migliaia di pagine scritte, sul 12 dicembre 1969?

Possiamo dire con certezza che in quel momento, dopo il 1968, una grande parte della società si era messa a protestare sul serio per chiedere dei cambiamenti. L'asse del mondo poteva andare da un'altra parte. Allora iniziano gli attentati in Italia. Perché? Il nostro era un Paese particolare, con il Partito comunista più forte del mondo occidentale. Ma ci sono in giro anche tanti fascisti e neofascisti. C'è chi pensa a un colpo di Stato, chi vuole lanciare un messaggio di paura. In questo contesto viene lanciata una bomba e ognuno prova a fare il proprio vantaggio, prendere la carta migliore lasciando le colpe sugli altri. Non basta dire che fu una strage di Stato e che gli apparati segreti ci hanno messo la mano. È più complessa di così. Ci sono le vittime, i magistrati onesti, i carabinieri e i poliziotti onesti, la società civile che ha reagito, i giornalisti.

È una storia del passato o cronaca del presente?

È una storia di oggi, continuano a emergere nuovi fatti che ci portano ad aggiungere pezzi al puzzle. Tre anni fa è stato condannato un personaggio per la strage di Brescia. Una sentenza recente che ci fa leggere il passato in maniera diversa. Ora escono possibili verità sulla strage di Bologna. Ogni volta che scopriamo un pezzettino nuovo bisogna aggiornare il libro. E ci sono segreti indicibili ancora oggi: se questo è vero, vuol dire che siamo tutt'ora condizionati.

A livello giudiziario il caso è chiuso, senza colpevoli? 

Giudiziariamente è un caso chiuso. L'ultimo processo è finito nel 2013. Ce ne sono stati tre, nel corso di mezzo secolo. Il primo tra il 1977 e il 1987, ne sono uscite alcune condanne, ma non per piazza Fontana. L'ultima inchiesta ha preso forma negli anni Novanta e ha portato a un processo nel 2001, quindi ci sono voluti altri quattro anni per finire i tre gradi di giudizio. Anche qui alla fine tutti assolti. Infine è stato riaperto un procedimento nel 2012, poi archiviato. La vicenda in tribunale è chiusa senza condanne per la strage. Ma non significa che la partita non si possa riaprire. Ogni fatto nuovo può fare ripartire l'inchiesta, che non va mai in prescrizione.

Però esiste una verità storica

Certo. Sappiamo che a organizzare gli attentati di quel giorno, che erano cinque, fu l'area vicina a Ordine nuovo. L'hanno detto le sentenze che, pur assolvendo gli imputati, attribuiscono l'organizzazione dell'attentato all'area dell'eversione nera veneta, poi condannata per piazza della Loggia. Non solo piazza Fontana, ma tutta quella stagione di stragi non può che essere attribuita all'eversione nera veneta. Per conto di chi? Non possiamo dirlo con certezze.

Lo Stato quanto fu coinvolto?

Non sappiamo quanto fu coinvolto nella strage, sicuramente lo fu nel depistaggio. Non sappiamo se sia stata pensata dallo Stato o “solo”coperta dagli apparati dello Stato. E non sappiamo se erano coinvolti altri Paesi. Di certo non è mai stata trovato il coinvolgimento dell'area anarchica o della sinistra, come si provò a fare all'inizio.

Cosa resta da scoprire?

La parte più interessante per chi vuole cercare un po' di verità è capire cosa sia avvenuto all'estero. Gli archivi stranieri contengono molto materiale. La frontiera della conoscenza è lì, ma è una questione più complicata finché non si muove la Repubblica italiana resteranno segreti tra Stati.

Qual è il punto cruciale, il segreto più terribile?

Cosa è successo in Questura la notte in cui è morto Pinelli. È il vero punto di svolta drammatico della vicenda. Nei primi tre giorni tutto porta a incolpare della strage poche persone, gli anarchici, e giocarsela politicamente così. Ma l'ingranaggio si rompe triturando un uomo innocente, che muore in mano allo Stato volando dal quarto piano davanti agli occhi dei giornalisti. Quello è il sacrificio umano, il granello che rompe l'ingranaggio, il momento in cui gli italiani scoprono che lo Stato aveva un volto infernale che poteva schiacciare una persona in nome di altri interessi. In quel momento molti aprono gli occhi. Su quella morte vige l'omertà da oltre mezzo secolo, nonostante l'evidenza scientifica che ha negato potesse essere stato un suicidio. Quella bugia dura ancora oggi. È qualcosa di più indicibile del segreto su chi ha messo la bomba o quale fosse il piano stragista. Capire cosa è veramente successo a Pinelli potrebbe spiegare molto su tutto il resto.

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