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Perché limitare gli affitti ai turisti non risolve il problema dei prezzi delle case a Milano

Il Comune di Milano chiede al governo una stretta sull’offerta degli affitti brevi per turisti, sulla scia di Venezia. Ha senso, come primo provvedimento nel contrasto al caro affitti?
A cura di Francesca Del Boca
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Milano come Venezia? Sul tema affitti, a quanto pare, sì. Lo chiede al governo l’assessore alla Casa del Comune Pierfrancesco Maran durante il Forum dell’Abitare che si è concluso ieri, mercoledì 22 marzo.

"La prima cosa che chiediamo, siccome non possiamo agire da soli ma ci serve l’autorizzazione dello Stato, è di fare esattamente come a Venezia, che è l’unica città in Italia che per legge può fare una normativa sugli affitti turistici", ha dichiarato Maran.

La Giunta vorrebbe anche per Milano una stretta al colosso degli affitti brevi AirBnB, come previsto dal capoluogo venetoun vero e proprio limite agli appartamenti disponibili, che non possono essere affittati ai turisti per più di 120 o 180 giorni all'anno.

La motivazione? "15mila case per i turisti sono troppe. Vanno limitate", spiega l'assessore. Recuperando così, in teoria, parte del patrimonio a favore di studenti, famiglie e lavoratori. Ma ha davvero senso, come primo provvedimento da parte del Comune nel contrasto al caro affitti, chiedere la regolamentazione dell'offerta turistica a breve termine?

La "legge Venezia" a Milano per il caro affitti

Secondo i dati forniti dal Comune in occasione dell'ultimo Forum sull'Abitare e analizzati da Nomisma, lo stock abitativo della città di Milano conterebbe infatti circa 800mila unità, di cui l’80 per cento di proprietà di persone fisiche. Di questa percentuale, solo il 20 per cento è in locazione con contratto: si tratta di circa 160mila appartamenti.

Tutto ciò, peraltro, stando a dati fermi al 2020: c'è da esser certi che in questi ultimi tre anni l'offerta sia nettamente schizzata verso l'alto (se si conta, poi, che Milano registra uno dei più alti tassi di acquisti immobiliari per investimento, il più delle volte destinati proprio all'affitto).

La scuderia dell'offerta turistica a breve termine, in questo contesto, risulta quindi essere ben poca cosa. Senza contare che all'interno c'è anche chi offre semplici stanze in case già abitate. E che la "legge Venezia", in ogni caso, tutelerebbe comunque chi mette in affitto una singola casa, penalizzando solo quelle aziende che affittano parecchie abitazioni.

Con queste condizioni, quante abitazioni potranno realisticamente "tornare in possesso di chi a Milano vuole viverci, e non solo i cinque giorni del Salone del Mobile", per usare le parole del primo cittadino Beppe Sala? Ben pochi.

Insomma: se senza dubbio è bene tenere sotto controllo il mercato degli affitti brevi per turisti, che in assenza di norme condivise che lo regolino potrebbe svilupparsi in maniera incontrollata, i primi passi da fare per chi amministra la città di Milano probabilmente sono altri.

I primi passi per l'amministrazione milanese

Se per fare pochi, piccoli primi passi, è necessario muoversi su strade già tracciate, alcuni soluzioni sono già a portata di mano. Come aumentare la disponibilità di alloggi in affitto a canone calmierato (l'obiettivo decennale è quello di arrivare a 10mila unità in housing sociale).

Oppure spingere sul tema delle detrazioni fiscali per l'affitto, ad esempio, nell’interesse di tanti lavoratori e datori di lavoro. Oggi la detrazione massima arriva a 300 euro all'anno: alzare questa soglia, magari duplicandola, sarebbe una possibile soluzione già efficace nel breve tempo.

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