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Perché le nevicate estive dei giorni scorsi confermano che gli eventi climatici estremi saranno sempre più frequenti

Nei giorni scorsi ha nevicato sul Passo dello Stelvio a Livigno. Questi eventi atmosferici del tutto occasionali confermano che ci troviamo a fare i conti con segnali climatici con estremizzazioni che saranno sempre più frequenti e intense.
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Foto e video da Enzo Bevilacqua – Livigno is magic
Foto e video da Enzo Bevilacqua – Livigno is magic

In una fase di cambiamento climatico o se si preferisce di crisi climatica, le evidenze più facilmente individuabili dalla maggior parte dei cittadini sono riconducibili nelle lunghe e persistenti ondate di calore e negli improvvisi fenomeni meteorici estremi – alluvioni lampo, grandinate, colpi di vento – che spesso e volentieri hanno effetti sul territorio critici se non drammatici.

Meno evidenti ai più sono gli effetti del global warming sugli ambienti poco urbanizzati come, ad esempio, quelli dell'alta montagna alpina, che risente in maniera particolare del riscaldamento troposferico recente, a tal punto da essere considerata un'area pilota per la comprensione di quanto sta accadendo a livello climatico.

Certo, sentire parlare di "neve a luglio", fa sempre un certo "effetto". Di conseguenza è importante chiarire alcuni semplici concetti, ricorrendo principalmente a "numeri" o dati rilevati a terra e non da remote sensing (ad esempio dai satelliti).

Alle medie latitudini come quelle "italiane", cadute di neve oltre una certa quota fanno parte della climatologia storica basata almeno sull'ultimo secolo. Il limite climatico delle nevicate, oltre il quale si hanno nevicate ogni anno, sino a qualche decennio fa si attestava intorno ai 2500 – 2800 metri, dall’inizio del millennio.

A titolo di esempio, la stazione meteorologica situata sul Plateau Rosa a quota 3460 metri, alla base del Monte Cervino e attiva dal 1946, ha da sempre evidenziato accumuli di neve fresca al suolo in tutti i mesi dell’anno. Tuttavia, nel nuovo millennio, la frequenza e l’intensità di tale parametro si è molto ridotto mentre si sono verificati, in maniera crescente fenomeni di pioggia o pioggia mista a neve, "una volta" pressoché sconosciuti.

Ma, come sempre accade nelle scienze fisiche e ambientali c'è un MA. In un'epoca di intensi cambiamenti atmosferici, l'evidenza più netta in assoluto è l'estremizzazione degli eventi. In tempi estremamente brevi – anche poche ore – si possono verificare improvvise destabilizzazioni della colonna verticale dell’aria, con veri e propri "crolli" termici e con fenomeni meteorici che si possono definire statisticamente eccezionali o estremi rispetto alla "variabilità climatica", o più semplicemente rispetto al clima che ci attendiamo in un sito di misura.

Così accade che, dopo una settimana caratterizzata da una quota dello zero termico in libera atmosferica intorno
quota 5500 metri – valore mai toccato da quando sono disponibili misure da radiosondaggio atmosferico nel mese di giugno – ci si ritrovi di fronte a estese e significative nevicate a quote superiori ai 1800 – 2000 metri a seconda dei settori alpini interessati dai fenomeni.

Da una parte tale fenomeno, seppur eseguo, è assolutamente positivo, non solo per chi ama il freddo e adora la "dama bianca", ma anche per tutti gli ambienti fisici e gli ecosistemi associati a valle. Apporti di neve fresca, anche asciutta, su ghiacciai rallentano infatti le sempre più rapida e inesorabile fusione del ghiaccio fossile; visto che sin quando l'innevamento stagionale resiste, esso riflette in maniera molto elevata l'irraggiamento solare, proteggendo il ghiaccio storico, caratterizzato da impurità e quindi da un albedo decisamente inferiore.

E ancora la neve caduta rappresenta acqua stoccata che verrà utilizzata per l’idrologia superficiale e il ciclo idrologico s.l. Alla sua fusione, infatti, ci sarà una piccola riserva disponibile per le attività umane, soprattutto nel bimestre più caldo dell’anno, quando la richiesta d’acqua per i più svariati usi cresce esponenzialmente.

Dall'altra parte questi eventi atmosferici del tutto occasionali non debbono essere considerati come possibili evidenze di una variazione del segnale climatico più recente, ma anzi confermano che ci troviamo a fare i conti con segnali climatici con estremizzazioni che saranno sempre più frequenti e intense. 

Probabilmente, la nevicata occorsa sulla vetta del Monte Bianco avrà "sanato" la blanda fusione della neve avvenuta quando si sono toccate, per oltre trentasei ora, valori positivi. Tuttavia, se siamo arrivati al punto di fare considerazioni di questo genere anche sul rilievo più elevato d'Europa, regno incontrastato di ghiacci perenni, allora forse la situazione è più critica di quanto anche noi ricercatori pensiamo. Del resto, se le temperature medie annuali rasentavano la soglia dello 0°C intorno quota 2600 m sino alla fine dello scorso secolo, ora occorre salire per 300 metri più in alto per registrare gli stessi valori.

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