
Ieri, 2 dicembre, è salito a sette il numero dei carabinieri del nucleo radiomobile di Milano indagati per il caso di Ramy Elgaml, il 19enne morto il 24 novembre dello scorso anno dopo un inseguimento durato circa 8 chilometri per le strade della città. Non tutti i militari sono indagati, è bene chiarirlo subito, direttamente per la morte del 19enne. Anzi, la maggior parte di loro è sotto inchiesta per una serie di comportamenti messi in atto dopo quel tragico avvenimento, secondo la procura per proteggere i loro colleghi. Nonostante questo, però, il 7 dicembre, dopo appena 5 giorni dalla notizia dei ulteriori due indagati, quel reparto del comando provinciale dei carabinieri riceverà l'Ambrogino d'oro, la più alta onorificenza civile del Comune di Milano.
La proposta è arrivata dall'europarlamentare Silvia Sardone, secondo cui i carabinieri di questo nucleo "rappresentano un simbolo di affidabilità e credibilità nella Milano di oggi". L'esponente leghista ritiene quindi che l'indiscutibile (e indiscusso, sia chiaro) impegno di queste persone vada ricompensato con un premio, nonostante il loro (prezioso, per carità) lavoro sia già retribuiti dallo Stato e, in virtù di anzianità e meriti, facciano carriera. Ma Sardone nella mozione ha voluto specificare proprio che questi straordinari meriti, tanto da valere un riconoscimento extraprofessionale come intero reparto, li hanno dimostrati "anche la notte del 24 novembre 2024 durante un inseguimento che è poi finito sulle cronache dei giornali alimentando assurde polemiche". Peccato che, prima ancora che per le indagini della procura, quell'inseguimento è finito su tuti i giornali perché è morto un ragazzo di appena 19 anni, che l'europarlamentare ha dimenticato di menzionare.
La maggioranza a palazzo Marino, di centrosinistra, ha accolto la proposta della europarlamentare leghista, in un'ottica di mera spartizione delle assegnazioni degli Ambrogini: è chiaro che non possano, e neanche debbano, andare tutti in base alle volontà della parte politica preponderante in Consiglio. E così, nel dover cedere su qualche idea, hanno scelto di cedere proprio su questa, anche in questo caso dimenticando la morte del 19enne Ramy Elgaml.
Insomma la politica, da destra e da sinistra, fa la politica; Silvia Sardone fa Silvia Sardone e, come sempre, provoca, polarizza, si schiera. Può piacere o no, ma quello è, da sempre, il suo modo di fare politica: distinguere chi sta con i carabinieri, come lei, e chi ne mette in dubbio l'operato. Non di tutti. Ma di quelli che hanno operato quella sera e di chi poi è intervenuto per, forse, proteggerli. E anche la sinistra, a partire dal sindaco Sala, fa la politica e accetta quella candidatura per spartirsi gli Ambrogini, per mantenere gli equilibri, per non apparire quelli "contro le forze dell'ordine". Come se mettere in dubbio l'operato di alcuni carabinieri e del sistema che li difende volesse dire attaccarli tutti. Non è così, ma è troppo difficile spiegarlo agli elettori. E allora meglio tacere.
Ma lo Stato è composto da rappresentanti di provenienza politica e rappresentanti di carriera, laici potremmo definirli. I primi, anche dopo che sono diventati istituzione, hanno anche il legittimo diritto di continuare a propagandare le loro idee politiche, la loro visione del mondo. È nella natura delle cose che un parlamentare, pur dovendo rappresentare la totalità dei cittadini, porti avanti le battaglie della sua parte elettorale. Difficilmente pretenderemmo, ad esempio, che un senatore eletto perché ha promesso la caccia libera e indistinta si schieri poi a favore degli cinghiali. Poi ci sono i rappresentanti di carriera che non devono rispondere a logiche ideologiche né tantomeno elettorali. Devono tirarsi fuori dalle bagarre politiche: per questo non devono essere né di destra né di sinistra, almeno nel loro agito.
Così nei ministeri troveremo un ministro e dei sottosegretari espressione politica della maggioranza in parlamento, ma anche dei dirigenti che restano a prescindere dai governi e che continuano a fare il loro lavoro, che è tecnico e non ideologico. Nei comuni e nelle regioni troviamo gli assessori che cambiano a ogni giunta e i funzionari che non devono cambiare, perché altrimenti la politica sta invadendo uno spazio che non le appartiene.
I carabinieri, per quanto dipendano dal ministro della Difesa, appartengono a questa seconda categoria: sono tutti esponenti istituzionali di carriera, scelti in base a un concorso e non a un'elezione. E ciascuno di loro dovrebbe continuare a fare il proprio lavoro e la proprio carriera a prescindere da chi sia il ministro in quel momento. Per questo devono tirarsi sempre fuori dalle bagarre politiche, anche quando gli riguardano direttamente. Ed è per rispetto di questa loro indipendenza che, di fronte a una proposta chiaramente ideologica e provocatoria come quella della destra e alla comoda accettazione da parte sinistra, avrebbero dovuto sfilarsi. Avrebbero dovuto dire "questo non ci appartiene". Anche se sono convinti di essere nel giusto, che l'indagine su alcuni di loro finirà in nulla, non avrebbero dovuto accettare quel premio. Perché un'operazione di polizia che finisce con un morto, anche qualora non ci sia nessuna responsabilità, non è mai tecnicamente un successo, che che ne dicano la destra o la sinistra. E loro, da tecnici, lo devono sapere.