Pamela Genini, la Procura di Bergamo indaga sulla mancata attivazione del codice rosso dopo l’aggressione del 2024

Anche la Procura di Bergamo ha ufficialmente aperto un fascicolo sul caso della mancata attivazione del Codice rosso e di altri sistemi di tutela nei confronti di Pamela Genini. Il procuratore capo Maurizio Romanelli vuole infatti vederci chiaro sul caso della 29enne uccisa con 30 coltellate dall'ex compagno Gianluca Soncin lo scorso 14 ottobre a Milano, che il 4 settembre 2024 aveva raccontato ai medici del Pronto soccorso di Seriate (Bergamo) di essere stata picchiata dal fidanzato e di temere per la sua vita: a seguito del risultato del questionario antiviolenza, la Tenenza dei carabinieri di Seriate acquisì il referto e lo inviò a Cervia (Ravvena) per competenza, luogo dove era avvenuta l'aggressione ma, dal momento che Pamela si rifiutò poi di formalizzare denuncia, nulla venne trasmesso alle procure di Bergamo o Ravenna per l'attivazione del Codice rosso.
Il fascicolo aperto a Bergamo sarà quello di un modello 45, ovvero un atto non costituente notizia di reato disposto unicamente per approfondire la questione del referto ignorato e per indicare possibili nuove procedure in tema di violenza di genere e tutela delle vittime anche in assenza di vera e propria denuncia. E se il procuratore di Ravenna Daniele Barberini ha già escluso mancanze da parte delle forze dell'ordine e sottolineato i rallentamenti dovuti alle competenze territoriali (l'aggressione con tanto di intervento dei carabinieri, avvenuta a Cervia, è stata appunto refertata il giorno dopo a Seriate), la Procura di Bergamo non si ferma qui e indaga per comprendere perché sul tavolo del pm Romanelli non sia mai giunto quel referto, segnalato dai medici con priorità ma poi finito nel nulla visto che le forze di polizia, dopo aver contattato Pamela Genini e aver constatato la sua intenzione di non denunciare, non avevano comunque ritenuto di inserire il caso nella piattaforma Scudo del Sdi.
Alla ragazza, mesi fa, vennero infatti sottoposte le cinque domande del protocollo di valutazione del rischio di violenze, a cui lei rispose in modo affermativo a ben quattro quesiti su cinque: sulla gelosia, sull'aumento dell'intensità delle violenze, sulle minacce con un'arma e appunto sulla possibilità che lui potesse ucciderla. L'unica risposta negativa riguardava le violenze in gravidanza, non essendo lei incinta. L'ex modella spiegò allora agli operatori sanitari che il giorno prima prima Soncin l'aveva "buttata a terra, colpita alla testa con calci e pugni, trascinata per i capelli per diversi metri", per poi romperle un dito della mano. "Intervenute le forze dell'ordine ma non effettuata denuncia", c'è scritto sul referto. "Il tutto è avvenuto presso la casa dell'accusato in altra regione a Cervia, dove la paziente si è recata autonomamente. Non primo episodio. Numerose minacce verbali e via sms. Mai effettuati precedenti accessi. Negli ultimi mesi frequenti episodi di violenza reiterata".