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Omicidio Laura Ziliani, le figlie e il fidanzato restano in carcere: “Potrebbero ancora uccidere”

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia, Alessandra Sabatucci, ha stabilito che Silvia e Paola Zani e Mirto Milani – accusati dell’omicidio di Laura Ziliani, la donna scomparsa da Temù lo scorso maggio – debbano rimanere in carcere per rischio di reiterazione del reato e rischio di inquinamento probatorio.
A cura di Ilaria Quattrone
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Resteranno in carcere Paola Zani, Silvia Zani e Mirto Milani: i tre ragazzi sono accusati della morte di Laura Ziliani, l'ex vigilessa scomparsa lo scorso maggio da Temù (Brescia). Le due giovani sono figlie della donna mentre il ragazzo è fidanzato con la maggiore. A stabilirlo è stato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Brescia, Alessandra Sabatucci. Il motivo è per rischio di reiterazione del reato e rischio di inquinamento probatorio. Ieri si è svolto l'interrogatorio di garanzia durante il quale i tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

L'attività di depistaggio

Nell'ordinanza di custodia cautelare viene mostrato come, già durante il corso delle indagini, i tre abbiano tentato di depistarle: quando è stato notificato loro il decreto di sequestro dei telefoni, il trio ne consegnava tre che non risultavano essere "quelli utilizzati nelle ultime settimane e certamente nel periodo antecedente e successivo alla data dell'8 maggio". Milani avrebbe giustificato questa azione sostenendo di aver venduto i telefoni per dei problemi economici. Una tesi confermata anche da Silvia e Paola. Il 22 luglio, i giovani hanno poi consegnato spontaneamente i loro cellulari affermando di avere compreso che potevano essere utili per le indagini. In questo hanno così smentito quanto affermato relativamente alla vendita. Gli smartphone dati alle forze dell'ordine erano stati però resettati "alle impostazioni di fabbrica" rendendoli così del tutto inutili.

La freddezza non comune

Sempre nell'ordinanza si legge come i tre abbiano dimostrato una freddezza "non comune" considerata la loro età e il fatto che non avessero mai commesso reati. I tre infatti avrebbero architetto un piano che puntava a uccidere Ziliani per poi ottenerne il patrimonio: la donna infatti possedeva, insieme alle figlie, diversi immobili che i tre – una volta che la 55enne è scomparsa – hanno gestito liberamente.

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