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Morti Covid nelle Rsa, parenti si oppongono all’archiviazione: “Vogliamo sapere chi sono i responsabili”

Nella mattinata di oggi, venerdì 5 novembre, l’Associazione Felicita – nata dal comitato dei parenti delle vittime Covid al Pio Albergo Trivulzio di Milano – presenterà l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione delle indagini da parte della Procura di Milano. I pubblici ministeri, che indagano per epidemia colposa, hanno chiesto l’archiviazione perché ritengono che manchi il nesso causale tra la diffusione del Covid all’interno della Rsa e le condotte adottate dalla struttura.
A cura di Ilaria Quattrone
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Continua la battaglia dell'Associazione Felicita, nata dal comitato delle vittime del Pio Albergo Trivulzio, contro la decisione della Procura di Milano di archiviare le indagini relative alle morti per Covid nella struttura milanese e in altre residenze sanitarie assistenziali. Nella mattinata di oggi, venerdì 5 novembre, l'avvocato Luigi Santangelo – che rappresenta i famigliari – depositerà l'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione.

I parenti: Archiviazione sancirebbe ingiustizia

Fin da quando la Procura ha presentato richiesta di archiviazione, i parenti hanno sostenuto che questa decisione "rappresenterebbe un fallimento nella ricerca della verità e sancirebbe l'ingiustizia". Il presidente dell'Associazione, Alessandro Azzoni, nei giorni scorsi aveva spiegato durante una conferenza stampa che sarebbe stato chiesto al giudice per le indagini preliminari di valutare "l'imputazione coatta" per le ipotesi di reato. Azzoni aveva detto che l'associazione avrebbe rifiutato di non conoscere i responsabili della strage tra gli ospiti delle Rsa: "Oggi noi parenti rifiutiamo di non ricevere risposta a questa fondamentale domanda di giustizia".

Le indagini della Procura

La Procura aveva infatti aperto un'indagine per epidemia colposa. I pubblici ministeri, Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, sostengono che manchino i nessi causali tra la diffusione del Coronavirus all'interno del Pat e le condotte adottate dalla struttura. Questo quindi renderebbe impossibile "tracciare con ragionevole certezza il percorso del virus dal suo ingresso alla diffusione all'interno della struttura". I pm riconoscono che ci siano state delle carenze, ma non sembrerebbero essere sufficienti per dare inizio a un processo. Una volta appresa la notizia, i parenti si erano detti "amareggiati, ma non sorpresi".

Il ricorso dell'Associazione

All'interno del ricorso, i legali dei famigliari, contestano che buona parte degli elementi che dimostrano "la necessità di celebrare un processo per i fatti accaduti al Pio Albergo Trivulzio emergono già, sorprendentemente, dalla lettura della stessa richiesta di archiviazione". Il provvedimento infatti, secondo gli avvocati, apparirebbe contraddittorio: "Pur delineando un articolato quadro di condotte gravemente negligenti imputabili quantomeno alla direzione del Pat, di cui gli stessi consulenti tecnici della Procura hanno affermato la rilevanza causale rispetto all’evento-epidemia, giunge poi a una decisione non coerente con le premesse, chiedendone l’archiviazione".

Per i legali dell'Associazione infatti il quadro emerso dalle indagini preliminari è "un mix letteralmente letale di negligenza e incompetenza". Ancora per loro non è, si legge ancora nell'atto, necessario dimostrare l'esatto percorso del virus "per dimostrare l’esistenza di un rapporto di casualità tra le condotte della struttura e l’epidemia". I legali sostengono infatti che il contagio "è avvenuto all'interno di una struttura chiusa" e ha riguardato pazienti che erano ricoverati già da tempo e che quindi non avevano avuto altre occasioni per contagiarsi. A questo si aggiunge poi che all'interno della struttura si sia diffuso perché "stante l’assenza delle più basilari misure di contenimento se non addirittura agevolato da alcune misure" adottate dalla direzione del Pat.

Per i legali emergono delle criticità anche nella richiesta di archiviazione nei confronti dell'ex direttore generale della struttura Giuseppe Calicchio: "Nonostante i pm abbiamo evidenziato profili di criticità nella gestione della pandemia da parte della direzione del Pat e anche una certa sottovalutazione iniziale del rischio da parte del dg e dei suoi stretti collaboratori finiscono per escludere la sussistenza della colpa". Per la Procura infatti non sarebbe stato prevedibile da parte dell'indagato e dei suoi collaboratori, l'evoluzione della pandemia considerato che anche le autorità sanitarie non sarebbero state in grado di prevedere cosa sarebbe accaduto. Secondo i legali dei famigliari invece questo non può bastare per escludere eventuali responsabilità.

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