Monir di Masterchef: “A Milano ho trovato l’amore e apro un ristorante marocchino, ma sogno la campagna”

Nato e cresciuto da genitori del Marocco in un paesino della campagna intorno a Perugia. Poi, poco più che ventenne, gli anni trascorsi tra Australia, Nuova Zelanda, Parigi e Londra. In mezzo l'esperienza del cooking show Masterchef Italia da finalista della decima edizione, dove è stato uno dei concorrenti più amati per la sua spregiudicatezza e l'inconfondibile accento umbro. Ma nonostante l'attaccamento alle radici e alla sua Bevagna Monir Eddardary, 34 anni, ha deciso di aprire il suo primo ristorante proprio a Milano, e per la precisione tra Porta Romana e la zona della Bocconi. "Si chiamerà Amina, l'inaugurazione è prevista a inizio novembre. La cucina? Ovviamente marocchina tradizionale, presentata in chiave moderna".
Perché questo nome?
Come mia zia Mina, una seconda madre per me visto che mamma ha avuto cinque figli, che sarà al mio fianco in cucina. Poi A come l'iniziale della mia fidanzata Alessia, che mi ha dato la spinta necessaria e sostenuto con determinazione per realizzare il mio sogno. Non ce l'avrei mai fatta da solo.
Che ristorante sarà?
Sarà un posto informale in cui sentirsi a casa, dalle tonalità calde, con riferimenti arabeggianti e tanta terracotta, sì, ma senza essere il tipico ristorante marocchino. Non avrebbe rappresentato la mia ragazza e neanche me, che ho origini del Marocco ma sono nato e cresciuto in Italia, mi sento italiano al novanta per cento.
Anche il cibo sarà "contaminato"?
Su quello sono stato categorico: la base è quella della cucina tradizionale marocchina e nordafricana, semplice, con ingredienti italiani e mediterranei. Niente di elaborato o studiato, solo i piatti che si possono trovare in qualsiasi ristorante del Marocco. Cous cous di carne e vegetariano, tajin di pesce, manzo, con le prugne, con il pollo, il limone in salamoia. E ancora zaaluk, hummus, la piccola pasticceria marocchina, tutti piatti con i quali sono cresciuto in casa. Io sarò ai fornelli, ma l'obiettivo è quello di diventare l'oste del mio ristorante: ho bisogno di parlare, del contatto con le persone.
Costi?
In linea con quelli di Milano, sui 35/40 euro a persona per una quarantina di coperti. Apertura solo serale.
Quando hai deciso di aprire il tuo ristorante?
Per anni non mi sono sentito pronto, ero spaventato dalle difficoltà che comporta aprire un'attività e dai costi che ci sono in questa città. Così ho iniziato a fare lo chef a domicilio, a lavorare nelle cucine di ristoranti e bistrot milanesi, a studiare. Alla fine ho trovato il locale perfetto, piccolo, in una zona vicina a casa mia e soprattutto sicura di sera. E sappiamo che a Milano questo aspetto è molto importante…
Il primo impatto con Milano?
Mi sono trasferito nel 2022, un anno dopo Masterchef. All'inizio non è stato per niente facile. Il costo della vita e degli affitti a Milano, rispetto alle altre città europee, è altissimo se rapportato agli stipendi che abbiamo in Italia. Alla mia prima esperienza guadagnavo 1400 euro al mese, e ne spendevo 850 per una stanza in Bicocca. È stato molto faticoso, avevo appena compiuto 30 anni, senza certezze. E poi si sa, Milano offre tantissimo, dal lunedì alla domenica, senza sosta. Ma per vivere e godersi realmente la città servono soldi, tanti soldi.
Abiti qui da tre anni.
Convivo con Alessia nella parte sud di Milano, siamo andati a vivere insieme tre mesi dopo il nostro primo incontro. Le avevo scritto per la prima volta nel 2017, quando ero in Australia: aveva inviato un messaggio nel gruppo Facebook degli italiani a Sidney ma non ci siamo mai visti, lavoravo 16 ore al giorno tra turni nei cantieri e ai ristoranti come cameriere. L'ho ricontattata nel 2023, non me la sono mai dimenticata. Così finalmente ci siamo dati appuntamento al tavolino di un caffè in piazza del Carmine, quartiere Brera, e ci siamo subito innamorati. Mi chiedeva: ma perché ti salutano tutti? Non aveva mai visto Masterchef.
Il tuo futuro è ormai legato a Milano?
Assolutamente no. Milano ti permette di realizzare i sogni ed è l'unica realtà davvero multiculturale d'Italia ma va velocissima, è troppo frenetica. Alla fine sono nato e cresciuto in un borgo medievale, mi manca tanto sedermi su una panchina e guardare l'orizzonte senza pensare a niente, passeggiare senza meta nel verde, respirando aria buona. Ora voglio continuare a lavorare al mio progetto, creare una famiglia e crescere dei figli dandogli tutte le opportunità che la città mette a disposizione… per poi trasferirmi per sempre in un paesino di campagna. Forse proprio in Umbria, chissà.