68 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Massimo Riella tradito dall’amante complice: come è stato catturato dopo quattro mesi di latitanza

A tradire Massimo Riella è stata l’amante complice che in una chiamata intercettata stava cercando di recuperare per lui dei documenti falsi validi in Montenegro.
A cura di Giorgia Venturini
68 CONDIVISIONI
Immagine

Era latitante dallo scorso 12 marzo, da quando approfittando di un permesso per andare a pregare sulla tomba della madre era riuscito a sfuggire dagli agenti della polizia penitenziaria. La fuga di Massimo Riella è terminata sabato 16 luglio in Montenegro: qui si nascondeva dopo mesi e mesi trascorsi sulle sue montagne lecchesi trovando rifugio da amici del posto. All'estero cercava di rifarsi una vita con una nuova identità. A tradirlo però è stata una chiamata la scorsa settimana dell'amante complice che per conto di Riella stava cercando alcuni documenti falsi. La donna – come spiega Il Corriere della Sera – nel linguaggio in codice aveva però fatto intendere lo Stato dove si trovava ora il 48enne.

Si attende l'estrazione

Da qui il blitz delle forze dell'ordine. L'uomo è stato trovato in un appartamento della capitale Podgorica: in città girava spesso in bici spostandosi di chilometro in chilometro. Ora si attende l'estrazioni. Riella infatti dovrà risponde di evasione alle autorità giudiziarie italiane. Intanto continuano le indagini: per gli investigatori resta ancora da capire come il 48enne dalle montagne lecchesi sia riuscito a raggiungere il Montenegro.

L'arresto per rapina e la latitanza

Quattro mesi e mezzo di latitanza sui monti di Lecco e qualche giorno all'estero. Tanto è durata la fuga di Riella che ha sempre potuto contare su alcuni amici che mentre era nascosto sulle montagne cercavano di aiutarlo come potevano. "La gente se lo passa di casa in casa, il mio Massimo non vaga nei boschi cacciando a mani nude", aveva fin da subito precisato il padre Domenico. I residenti del posto infatti hanno sempre creduto alla sua innocenza. Massimo Riella era in carcere dallo scorso dicembre perché ritenuto responsabile dell'aggressione e della rapina nei confronti di una coppia di anziani. Per compiere questo reato sarebbe stato utilizzato un coltello su cui gli investigatori hanno trovato le tracce del suo Dna, "così come quelle di altre ma non sono stati fatti abbastanza accertamenti", aveva tenuto a precisare la figlia Silvia a Fanpage.it. Riella così durante la sua latitanza aveva inviato una lettera al giudice scusandosi per la latitanza e giurando che lui non c'entrava nulla con la violenta rapina.

68 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views