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L’omicidio di Desirée Piovanelli: la difesa di Giovanni Erra e i dubbi del padre della vittima

Desirèe Piovanelli è morta a settembre 2002: la quindicenne era stata attirata in una cascina di Leno (Brescia) con un pretesto dal suo vicino di casa, anche lui 15enne. Il ragazzo avrebbe progettato di violentarla e ucciderla insieme ad altri due coetanei e Giovanni Erra, all’epoca 36enne. Tutti sono stati condannati: i tre giovani sono già liberi. Erra è l’unico ancora in carcere perché condannato a 30 anni.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nel settembre 2002 cascina Ermengarda di Leno, comune che si trova in provincia di Brescia, la quindicenne Desirée Piovanelli è stata uccisa: è stata massacrata a coltellate. Il vicino di casa della ragazzina, un altro quindicenne, l'ha attirata con un pretesto: l'adolescente aveva progettato di violentare e uccidere Desirée insieme ad altri due coetanei e un adulto, Giovanni Erra nonché altro vicino di casa.

Tutti sono stati arrestati e condannati in via definitiva. I tre ragazzi hanno già scontato la loro pena mentre Erra è ancora in carcere perché condannato a trent'anni. Nel 2019 ha chiesto la revisione del processo.

Da quel terribile giorno sono trascorsi 21 anni. Proprio l'anno scorso in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Resto del Carlino, il padre di Piovanelli ha sostenuto che per lui ci sarebbero ancora molti punti oscuri intorno all'omicidio della figlia. Ha spiegato che dietro l'efferato delitto ci sarebbe una rete di pedofili che sarebbe ancora attiva.

Giovanni Erra è l'unico ancora in carcere oggi, cosa sostiene la difesa

Giovanni Erra è tra coloro che è stato condannato per l'omicidio di Desirée Piovanelli. All'epoca dei fatti aveva 36 anni. L'ex operaio è l'unico, tra i quattro condannati, a essere ancora in carcere: è stato infatti condannato a trent'anni.

Dall'istituto penitenziario, nel 2019, ha chiesto la revisione del processo. Erra, attraverso i suoi legali, contesta la ricostruzione dei giudici e sostiene di essere in carcere da innocente, come aveva scritto nel 2016 in una lettera. All'epoca aveva sostenuto che fosse tempo "di verità" e, in particolare, lungo il testo chiedeva ai tre ragazzi condannati con lui di raccontare veramente come fossero andate le cose.

Sulla condanna di Erra, si era espresso anche il fratello: l'uomo ha raccontato che Giovanni Erra si sarebbe recato nella cascina, dove è morta Desirée, perché nascondeva della droga. E proprio, una volta arrivato lì, avrebbe trovato il cadavere: si sarebbe poi allontanato senza dare l'allarme. Sarebbe poi tornato il giorno successivo per recuperare la sostanza stupefacente: "Mio fratello ha tentato parecchie volte di difendersi, ma non è mai stato creduto. È stato interrogato ed è arrivato al punto di dire: ‘Fate come volete però smettetela'".

Nel 2022, in un'intervista al settimanale Giallo, l'avvocato di Erra – chiedendo nuovamente la revisione del processo – aveva spiegato che ci sarebbe uno scontrino che sposterebbe l'orario dell'acquisto dell'arma del delitto di un'ora. Il minore che ha acquistato l'arma avrebbe di averlo fatto alle 15.10, ma sullo scontrino l'orario riportato sarebbe un altro: 14.14. Questo escluderebbe il coinvolgimento del suo cliente. Per la difesa, inoltre, l'uomo sarebbe stato in casa a dormire al momento del delitto.

Il padre di Desirée Piovanelli: È stata una rete di pedofili

Per il padre di Desirée non è ancora emersa tutta la verità. Anche lui, infatti, aveva chiesto di poter riaprire il caso per poter chiarire tutti i punti oscuri della vicenda. Tra questi, ci sarebbe una traccia biologica che – all'epoca dei fatti – era stata isolata sul giubbotto indossato dalla figlia e che non apparteneva a nessuno dei condannati. Un elemento che non sarebbe mai stato approfondito.

L'uomo ha spiegato che a rapire la ragazzina sia stata una rete di pedofili che opererebbe ancora nella Bassa Bresciana. Un'altra incongruenza riguarderebbe l'orario in cui Desirée sarebbe uscita da casa: "È uscita alle 14.30. Non è vero che è uscita un'ora dopo, alle 15.30. Uno dei ragazzi, dalle 15.15 alle 16, ha fatto parecchio telefonate. Quindi Desy era già morta".

L'uomo ha spiegato che la telefonata quindi è stata molto lunga: "Come se il ragazzo avesse dovuto riferire a qualcuno quello che era successo. Perché non è stato verificato a chi ha telefonato e cosa si sono detti?".

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