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L’avvocato di Alessia Pifferi a Fanpage.it: “La giustizia le nega il diritto di difendersi”

“La difesa di Alessia Pifferi non può arrendersi di fronte all’ennesimo diniego finalizzato a capire cosa sia successo nel cervello della propria assistita”: a dirlo a Fanpage.it è l’avvocato Luca D’Auria che difende la 37enne.
A cura di Ilaria Quattrone
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Alessia e Diana Pifferi
Alessia e Diana Pifferi
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"La giustizia nega il diritto di difendersi trattando le neuroscienze come qualcosa che può entrare nel processo solo per valutare l'infermità mentale quando invece studiano i percorsi cognitivi e l'intenzionalità di tutte le attività umane": a spiegarlo a Fanpage.it è l'avvocato Luca D'Auria che, insieme alla collega Solange Marchignoli, difende Alessia Pifferi.

La donna è in carcere a San Vittore a Milano con l'accusa di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, la bimba di un anno e mezzo lasciata sola in casa per sei giorni. Nella giornata di oggi, lunedì 3 ottobre 2022, il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice ha rigettato l'istanza dei due avvocati che chiedevano di far entrare alcuni esperti per una consulenza neuroscientifica sulla loro assistita.

I legali: Non ci arrendiamo di fronte all'ennesimo diniego

Nonostante il rifiuto, i legali della 37enne non sono disposti ad arrendersi: "La difesa di Alessia Pifferi non può arrendersi di fronte all'ennesimo diniego finalizzato a capire cosa sia successo nel cervello della propria assistita. È troppo facile – continua il legale – chiudere la partita bollandola come un mostro da bruciare sul rogo mediatico".

Ma perché il giudice ha respinto questa richiesta? Nell'ordinanza si legge che durante l'udienza del 28 settembre gli avvocati difensori hanno presentato la loro istanza, la quale non aveva finalità terapeutiche né di assistenza psicologica. L’obiettivo era quello di eseguire un accertamento neuro-psichiatrico forense sulla donna che potesse sondarne il funzionamento neuro-cognitivo.

Le condizioni psichiche di Alessia Pifferi

Una consulenza che prevede che vengano effettuati alcuni colloqui con l'indagata e somministrati test psicologici. Durante l’udienza, il pubblico ministero si è opposto e ha presentato alcune relazioni del servizio di psichiatria interna del carcere di San Vittore dove emerge "una condizione psichica della donna del tutto nella norma".

Le stesse relazioni vengono citate dal gip stesso che scrive come queste sostengano che Pifferi, oltre a non avere alcuna storia di disagio psichico alle spalle, si sia sempre “dimostrata consapevole, orientata e adeguata, nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo”.

Perché il giudice ha rigettato la richiesta

Al di là di questo, per il giudice la richiesta è inammissibile perché avrebbe “l’espressa finalità di incidere sul processo interpretativo del giudice che ha, in particolare, a oggetto la corretta delineazione dell’elemento soggettivo del reato”.

A questo il giudice aggiunge un altro elemento e cioè che la consulenza si sarebbe svolta senza il contraddittorio e questo, secondo il gip, potrebbe “condizionare, una volta veicolata nel processo con una relazione consulenziale, il necessario processo interpretativo del giudice, pretendendo di ancorarlo a un dato scientifico”.

Il gip conclude sostenendo che non è esclusa l'utilità della prova neuroscientifica come supporto decisionale del giudice, ma dovrà essere lo stesso a disporre una perizia su questo e sempre che lo ritenga necessario.

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