L’autopsia su Emilia Nobili: coltellate a petto, addome e fianchi. Veto sulla cremazione della salma

Diverse coltellate, tra petto, addome e fianchi, e alcuni dei fendenti hanno raggiunto anche organi vitali. Sono i primi esiti trapelati dell'autopsia su Emilia Nobili, la 75enne ex professoressa di Lettere uccisa nella sua casa a Poggiridenti (Sondrio) dal marito, Mohamed Rebani, che poco è stato fermato dai carabinieri ad un posto di controllo in strada e ha confessato. L'autopsia è stata svolta dal patologo Luca Tajana dell'Istituto di Medicina legale dell'Università di Pavia, incaricato dal magistrato Chiara Costagliola, titolare dell'inchiesta. Al termine il perito ha detto che la salma può essere riconsegnata per la sepoltura ma non per la cremazione: un divieto che fa presupporre che ci sia la possibilità che siano necessari ulteriori esami.
Professoressa uccisa in Valtellina dal marito
L'omicidio risalirebbe alla tarda serata di giovedì scorso, 31 luglio. Rebani si sarebbe poi liberato dei vestiti sporchi di sangue e poi, in auto, ha raggiunto Lecco, dove è incappato in una pattuglia dei carabinieri impegnata nei controlli alla circolazione. Durante quelle verifiche l'uomo ha confessato, dicendo di avere ammazzato la moglie nella loro abitazione in Valtellina e dando indicazioni sul luogo; quando i militari hanno raggiunto la casa hanno trovato il corpo senza vita di Emilia Nobili. L'inchiesta è coordinata dalla Procura di Sondrio, diretta da Piero Basilone. Rebani non ha risposto alle domande del gip durante l'udienza di convalida del fermo.
I precedenti per maltrattamenti
Dalle indagini è emerso che Rebani era tornato a vivere con la moglie soltanto a giugno e contro il parere dei familiari di lei, soprattutto del figlio. Questo perché già in passato c'erano stati degli episodi violenti: lo scorso 16 ottobre era stato denunciato dai carabinieri per maltrattamenti e lesioni nei confronti della donna e dopo due giorni, il 18 ottobre, gli era stata notificata la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, con divieto di avvicinarsi alla persona offesa; aveva violato quel provvedimento lo stesso giorno e quindi era stato portato in custodia cautelare in carcere. Ad aprile di quest'anno era stato condannato ad un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, e contestualmente era tornato in libertà.