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Covid 19

La testimonianza di un infermiere ricoverato per Covid: “In tanti ci stiamo rimettendo la pelle”

Giovanni è un infermiere di pronto soccorso di 34 anni. Da domenica è uno dei tanti operatori sanitari ricoverati nel reparto Covid dopo esser risultato positivo al tampone. A Fanpage.it denuncia: “Anche in questa seconda ondata ancora una volta ci siamo fatti trovare impreparati. Non avevo mai visto, prima di queste settimane, colleghi piangere. Siamo senza forze”.
A cura di Giorgia Venturini
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Foto di repertorio
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"Non avevo mai visto colleghi piangere sul lavoro. La forza non c'è più". Giovanni scrive a Fanpage.it dal suo letto del reparto Covid dell'ospedale San Carlo di Milano durante il suo terzo giorno di ricovero. A 34 anni è nelle mani di colleghi infermieri e medici e sta combattendo la sua battaglia contro il virus. Eppure solo qualche giorno fa era lui dall'altra parte: "Sono uno dei tanti infermieri rimasti contagiati durante le ore di lavoro in pronto soccorso. Durante la prima ondata sono stato bene, ora invece mi ritrovo io in un letto di ospedale".

L'infermiere: Non eravamo pronti alla seconda ondata

Giovanni racconta i giorni prima di risultare positivo al tampone, quelli passati al pronto soccorso dell'ospedale di Milano dove lavora (che per volere dell'infermiere non precisiamo quale): "La verità è che non eravamo pronti. Eppure tutti sapevano che era questione di tempo e sarebbe arrivata una seconda ondata. Dalla seconda settimana di ottobre i pazienti Covid arrivati in ospedale sono aumentati in modo esponenziale. La situazione in poco tempo è stata fuori controllo. I pazienti sono ammassati ovunque si possa mettere una barella". Per Giovanni, Milano si è fatta trovare impreparata ancora una volta: "Rispetto alla prima ondata avevamo solo qualche dispositivo di protezione personale in più e un po' di consapevolezza nostra. Null'altro. Lavorando in ospedale e avendo un bambino piccolo, sto molto attento. Questo vuol dire che dai primi giorni di ottobre non uscivo da casa se non per andare al lavoro. Sicuramente dunque mi sono contagiato durante il mio lavoro al pronto soccorso".

Ci stiamo rimettendo la pelle in tanti

Giovanni a Fanpage.it denuncia poi il fatto che "tutti sapevano che in autunno saremmo stati di nuovo immersi in un'altra ondata. Ma di provvedimenti nei mesi di pace non se ne sono stati presi. Prima di questi giorni non avevo mai visto colleghi piangere sul lavoro. La forza non c'è più". E ancora: "La situazione oggi è al limite. Negli ospedali da campo c'è più organizzazione. Nel pronto soccorso abbiamo in carico anche 80 persone contemporaneamente. Siamo senza erogatori per l'ossigeno che sono pochi e li usiamo per i caschi. È un continuo risolvere problemi. E ci stiamo rimettendo la pelle in tanti". Oggi Giovanni lotta contro il virus. Dice di essere stanco e febbrile. Ed è aiutato a respirare con la maschera dell'ossigeno.

I sindacati chiedono più controlli negli ospedali

Mentre Giovanni scrive in poche ore nel suo reparto arrivano altri quattro nuovi pazienti da ricoverare. Ieri altri tre. In queste settimane i malati aumentano sempre di più così come il personale medico contagiato. Solo lunedì 9 novembre sindacato Cgil Fp all’interno dell’ospedale San Carlo di Milano ha denunciato una carenza  di percorsi differenziati tra pazienti Covid e pazienti non Covid, lavori esterni che impediscono il flusso degli utenti su percorsi puliti e cronica mancanza di personale. Il sindacato chiede anche alla direzione più controlli per il personale sanitario". Una situazione che preoccupa anche in molti altri ospedali della zona: "Gli eroi, come vengono definiti da tutti, non ce la fanno più. Speravamo che, dopo la prima ondata pandemica che aveva visto gli infermieri e gli operatori sanitari lavorare incessantemente e con estremo spirito di sacrificio, questa volta ci sarebbe stata maggiore organizzazione", aveva ribadito qualche giorno fa a Fanpage.it Donato Cosi, segretario NurSind di Monza e Brianza, il sindacato delle professioni infermieristiche. Oggi tanti di quegli ora si trovano anche loro in un letto di ospedale. Dopo la guarigione torneranno in pronto soccorso a rassicurare i nuovi malati.

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