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La studentessa spiata in casa per due anni: “Assolto l’unico indagato, non ho avuto giustizia”

Federica (nome di fantasia) ha scoperto di essere stata spiata per due anni. L’unico imputato in questa vicenda era il padrone di casa che è stato poi assolto. Federica cerca giustizia per quella che è stata una totale violazione della privacy.
A cura di Ilaria Quattrone
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Federica (nome di fantasia) è stata spiata per due anni in casa, sono state trovate telecamere sia in camera da letto che in bagno. L'unico indagato è stato il padrone di casa. Sul suo computer sono state trovate immagini di altre donne, ma non quelle di Federica. Per questo motivo il Tribunale di Milano lo ha assolto. Così il caso di Federica rischia risultare senza colpevole e una ragazza appena 23 anni arrivata a Milano per studiare, violata nella propria privacy, resterà senza giustizia.

Come ha scoperto di essere stata spiata?

Mi sono trasferita a Milano per iniziare l'università. Dovevo trovare un appartamento o una stanza, dato che il primo costava troppo, ho cercato una camera. Ho trovato un annuncio dove ne veniva messa in affitto una in una casa che era molto comoda da raggiungere con i mezzi.

Quando sono entrata nell'appartamento, il padrone di casa mi ha detto che pur abitando lì, a causa del suo lavoro, non ci sarebbe mai stato. E in effetti è stato così. Il lavoro del mio padrone di casa consisteva nella sistemazione di telecamere.

Appena trasferita, ho visto un aggeggio sia sulla porta d'ingresso che su quella della camera. Ho chiesto cosa fosse e mi è stato detto che era un sensore antifurto che non era stato rimosso. Invece devo dire che mi ha detto subito che c'era una telecamera in corridoio che serviva a controllare che non accadesse nulla. Per gli altri due aggeggi invece, nonostante le sue parole, ho deciso di coprirli con un fazzoletto.

In casa c’erano anche altri due coinquilini, si trattava di una coppia di studenti. Il padrone di casa era abbastanza amichevole con noi. Spesso mangiavamo tutti insieme e c'era anche la sua fidanzata. Sia io che gli altri ci fidavamo di lui.

Quando hai scoperto delle telecamere?

Un giorno mi stavo preparando per andare in università. A un certo punto, il mio padrone di casa mi ha chiesto di fare una traduzione. Il tempo di cambiarmi e sono corsa in camera sua. Quando sono entrata, ho visto un display: lì c’era l’immagine della mia camera. Io avevo un animale in casa e l'ho visto correre.

Ho capito che non era una foto, era il momento reale. Sono rimasta scioccata. Non so perché non ho reagito subito. Ho preso la borsa e sono andata via.

 Cosa hai fatto dopo? 

Ho chiamato mio padre, lui è un ex militare ed è molto calmo su queste cose. Mi ha detto di cercare un amico, di tornare a casa e controllare se ci fossero telecamere in altri posti. Sono tornata nell'appartamento con un amico e abbiamo cercato dappertutto. Abbiamo visto che le telecamere erano state strappate e che c'erano solo i cavi.

Sono andata in bagno, mi sono arrampicata dappertutto e ho trovato un aggeggio attaccato al faretto. Sono andata subito via da lì. Il giorno dopo ho contatto l'avvocato e ho presentato denuncia.

Ho abitato con un'amica per 6-7 mesi. Poi sono tornata in Cina. C’è stata la pandemia e sono stata per un anno con mio padre. Non mi sentivo più sicura.

Cosa ti ha detto tuo padre per tranquillizzarti?

Sì, mi ha detto che può succedere. Il punto è come dovremmo reagire. Lui è una persona molto calma, anche se prova rabbia, cerca di calmarsi per risolvere il problema perché sa che con la rabbia non si risolva nulla. È stato il mio punto di riferimento, mia madre non sa ancora nulla.

Nel frattempo quando abbiamo presentato denuncia, questa persona ha avuto il coraggio di chiamare mio padre per dirgli che ha messo le telecamere perché doveva controllare cosa facessimo, come se avesse paura che commettessimo qualcosa di illegale. E in bagno allora?

C’è stato un processo, l'unico imputato è stato assolto. Come ti senti ora?

Sono tanto arrabbiata.

Gli altri due ragazzi che vivevano con te li hai più sentiti?

No, non ho più avuto contatti con loro e non li ho più rivisti. L’altro ragazzo, subentrato alla coppia, da quello che ho capito non ha voluto fare niente.

Non so se anche in camera sua ci fossero telecamere. Dalle prove mostrate dallo specialista, pare che non ci siano immagini di uomini, ma solo di donne e ragazze. Alcune sono ritratte anche in posti diversi da quell’appartamento.

Non sei stata ripresa solo tu quindi?

Ci sono altre persone, ragazze riprese in quella casa: non si vedono in volto, non le ho riconosciute. Ma erano nude in bagno.

La spiegazione dell'avvocato

Federica è stata assistita durante il processo dall'avvocato Andrea Possenti. Il legale ha ripercorso la vicenda giudiziaria e spiegato a Fanpage.it cosa accadrà nei prossimi mesi.

La sua assistita è stata registrata, c’è stato un processo, ma la persona che era stata accusata, è stata assolta. Che cos'è successo? 

Non sono ancora uscite le motivazioni. Solo un’attenta analisi di queste potrebbe farci capire cosa pensa il giudice. Quello che posso dire io è che è stato provato che le telecamere erano nella stanza e nel bagno. Queste consentivano sia la presa diretta che l’estrapolazione delle immagini. Il notebook, dove erano conservate la maggior parte delle immagini, è stato distrutto. Sono state asportate parti essenziali dove c’erano altre foto o video.

Dal punto di vista procedimentale, l'imputato – nel pieno dei suoi diritti – si è avvalso del rito abbreviato. In sede di discussione finale, la giudice ha optato per disporre la consulenza tecnica che però non è stata risolutiva al 100 per cento. Seppur il consulente tecnico non ha trovato delle immagini di Federica, ha trovato quelle di altre ragazze in bagno non solo in quel luogo, ma anche in altri.

Il consulente ha inoltre sottolineato che l'imputato avesse 48 applicazioni per la ripresa diretta anche da device. Con l'abbreviato, non si è potuto procedere all’interrogatorio dell’imputato né da parte mia né del pubblico ministero. Questa congiunzione di cose ha fatto in modo che non si arrivasse a un accertamento effettivo di quanto accaduto né delle rispettive responsabilità.

Per questo motivo, noi stiamo aspettando le motivazioni della sentenza. In quel modo valuteremo un appello che faremo per l’onorabilità della mia cliente, lesa da questo fatto.

La controparte ha mai tentato una mediazione?

In sede processuale è stata offerta una somma a Federica. Una somma di importo risibile cioè 1000 euro. Questa non è stata ritenuta sufficiente né da me né dal pm. Tutto quello che sto dicendo, non l’ho detto io.

A dirlo è stato il consulente tecnico nominato dalla giudice. Ci sono anche le dichiarazioni in sede di querela di Federica che dovevano essere apprezzate in maniera più pregnante.

Sono state trovate le telecamere?

Sì, sono state trovate. La polizia ha trovato i cavi strappati. Il materiale è stato asportato dalla mia cliente, anche per timore che si potesse reiterare il reato o aggravarlo diffondendo quelle immagini.

La Procura aveva chiesto una condanna? Voi vi appellerete? 

La Procura aveva chiesto la condanna e per questo che ha la possibilità di appellarsi. Io posso farlo solo per il risarcimento del danno e per tutto quello che ha un’attinenza civile. È chiaro che per avere un risarcimento, va ricostruito il fatto.

Quello che mi preme e che avvenga una ricostruzione del fatto che dia giustizia alla mia cliente. Noi ne abbiamo intenzione, però voglio leggere quello che è agli atti. Poi faremo con Federica tutte le valutazioni del caso. Se mi chiedete oggi se voglio fare appello o no, la risposta è sì. Lasciamo il beneficio alla lettura della sentenza.

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