La risposta del Comune a una mamma che non può pagare il centro estivo alla figlia: “Rivedere il calendario scolastico”

"Il tema dell’impatto del periodo estivo sulla vita delle famiglie merita una riflessione seria a tutti i livelli istituzionali". Così ha esordito Alessandra Durante, assessora alla Famiglia, giovani e comunicazione del Comune di Lecco, in risposta allo sfogo social di Daniela Garofalo nel quale la donna raccontava di aver dovuto fare una colletta tra i parenti per riuscire a iscrivere la figlia al centro estivo: “Il centro costa 535 euro per quattro settimane, come se fosse un lusso e non una necessità. Senza il supporto della famiglia sarebbe servito uno stipendio in più solo per le spese di luglio”.
"È del tutto legittima la preoccupazione espressa da molti genitori: non si tratta più solo di situazioni di fragilità che possono trovare supporto nei servizi sociali comunali, ma di un disagio sempre più diffuso anche tra le famiglie della fascia media, in cui entrambi i genitori lavorano, spesso senza reti familiari di supporto, con figli piccoli e spese in costante aumento. I Centri Estivi mediamente costano tra i 100 e i 150 euro a settimana per ogni figlio, con proposte oltre i 250 euro. E spesso sono il minimo per riuscire a coprire le spese organizzative e di personale del Centro", ha continuato a spiegare in merito l'assessora di Lecco.
Una situazione che, dunque, mostra chiaramente i limiti di un calendario scolastico che non è più compatibile con l’organizzazione della vita familiare contemporanea. "Nel nostro Comune, facciamo il possibile, ma è evidente che – da soli – non possiamo garantire copertura per un periodo così lungo su tutte le fasce d’età", ha rincarato Durante. "Gli oratori rappresentano una risorsa fondamentale, grazie a una rete di volontari che consente di contenere i costi per le famiglie. Ma anche qui la tenuta è sempre più faticosa: la disponibilità di volontari sta diminuendo, mentre la domanda di servizi cresce costantemente".
Un segnale positivo è arrivato dal Governo con il finanziamento del “Piano Estate” rivolto alle scuole primarie e secondarie. "Ma perché escludere le scuole dell’infanzia da questo piano?", si è interrogata l'assessora. "Si tratta di una fascia d’età che presenta meno alternative, richiede un rapporto educatore/bambini più alto, e costi più elevati che le famiglie spesso non riescono a sostenere. Come mi è stato segnalato dalle stesse scuole dell'infanzia paritarie, la normativa attuale prevede per i centri estivi per i bambini da 3 a 6 anni un rapporto di un educatore ogni 15 bambini, mentre durante l’anno scolastico la stessa fascia d’età è affidata a un solo educatore per 20/25 bambini. Perché questa disparità? Le strutture sono le stesse, il personale educativo spesso è lo stesso, i bambini anche. Uniformare i parametri e estendere i fondi del Piano Estate anche alle scuole dell’infanzia potrebbe rappresentare una svolta concreta per la sostenibilità del sistema".
Rimane, però, il nodo centrale della questione. "Serve rivedere il calendario scolastico nazionale, distinguendo tra tempo didattico e tempo educativo. La scuola non può essere pensata solo come luogo di apprendimento, ma anche come presidio sicuro e garantito per la conciliazione, l’integrazione e la continuità educativa, in particolare per le fasce più fragili, che oggi rischiano di essere escluse per oltre tre mesi all’anno da contesti aggregativi frequentati dai coetanei", ha concluso Durante. "Come Amministrazione continueremo a fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno che anche a livello regionale e nazionale si affronti questa sfida con determinazione e visione".