Intervista a Stefania Nobile: “Ogni 4 marzo temo un arresto, io le escort le picchiavo. Prego Madre Teresa per Davide”

È tornata (ancora) libera Stefania Nobile. Dopo la chiusura della Gintoneria, celebre locale milanese travolto dall'inchiesta di Procura e Guardia di finanza su un presunto giro di droga e prostituzione, ha recentemente patteggiato 3 anni. E, dopo il sequestro di 900mila euro in bottiglie di champagne e denaro trovato sui conti correnti della società, ha ottenuto la conversione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità. In questa prima parte della sua lunga intervista con Fanpage.it racconta della nascita, dell'ascesa e della caduta della Gintoneria. E soprattutto della storia d'amore e d'affari con Davide Lacerenza, incontrato nel 2003 in centro a Milano: oltre 20 anni tra locali della Milano da Bere, denaro e lusso ma anche polemiche, inchieste e ombre, fino agli arresti domiciliari nel 2024.
Facciamo un passo indietro. Come sta oggi? Come è andato questo ultimo periodo?
Penso di non essere mai stata meglio in vita mia. Ho ritrovato il mio Davide, quello che conosco da più di 20 anni. So che molte persone non capiranno, ma è come se avessi guadagnato la vita di una persona: Davide sarebbe morto, a continuare così. E quindi tutto quello che è successo lo ritengo un bene. Sono molto credente, sono andata addirittura in Macedonia dove nacque Madre Teresa a chiedere un miracolo per Davide… evidentemente il miracolo è stato questo.
Cos'è successo il 4 marzo del 2024?
Il 4 marzo è ricorrente nella mia vita, anche l'altro mio arresto fu il 4 marzo… credo che il prossimo 4 marzo non andrò proprio a dormire. In ogni caso, si sa, queste cose avvengono sempre la notte. Quella volta ero stata in Gintoneria, come tutte le sere. Ero molto arrabbiata con Davide, come avveniva negli ultimi mesi, perché era uno di quei periodi in cui stava sveglio tre giorni e tre notti, veramente aveva superato i limiti. Io ero andata a casa molto presto, dormivo.
E poi?
Suona il campanello in piena notte, intorno alle 3.45. Io dormo in camera con mia mamma e il mio cagnolino, che inizia ad abbaiare. Entrano cinque o sei persone della Guardia di Finanza, mi dicono "stia calma, non la portiamo in carcere, dobbiamo guardare tutto”. Mi danno le carte e leggo che sono indagata con una terza persona [Davide Ariganello, ex factotum di Lacerenza]. Leggo favoreggiamento della prostituzione e mi metto a ridere. Io? Le ho picchiate tutte quelle che sono venute in Gintoneria. Chiedevo di Davide, avevo paura che fosse morto e non me lo volessero dire. E non mi importava se mi avessero portato a San Vittore o che cosa. La mia unica domanda era solo: “Mia mamma non c’entra, vero?".
Lei, in quei momenti, cosa ha detto?
Mia mamma, che i suoi 83 anni li porta benissimo, quella notte l'ho vista per la prima volta vecchia. Continuava a chiedere: “Ma la portate dentro mia figlia?”. Un incubo. Anche se non hanno trovato niente.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, però, per lei non è stata una gran sorpresa. In alcune intercettazioni dici “da un momento all'altro arrivano, me lo sento, non ci dormo la notte”. Addirittura era venuta a conoscenza dell'interrogatorio di quello che poi i giornali chiameranno "il rampollo milanese", che dilapiderà l'eredità alla Gintoneria. Ma perché non ha detto: fermi tutti, qui c'è qualcosa che non va?
Vorrei fosse chiaro. Molte famiglie si trovano con il problema di un figlio, un marito o una moglie, un fratello che fa uso di sostanze. Io ho chiesto aiuto a tutti ma non c'era modo di fermare Davide, si faceva cinque grammi di cocaina al giorno, una roba folle. Ho chiesto al mio avvocato di poter fare un TSO per Davide, ma non avevo titolo perché non sono la moglie, non sono un familiare, non sono nessuno per lui. Ho chiesto aiuto a tanti suoi amici clienti, che però erano evidentemente molto felici dell'abuso di droga di Davide perché quando lui era fuori offriva a tutti. Davide drogato faceva piacere a molte persone: ecco perché nessuno mi ha aiutato a fermarlo. Io come potevo fermarlo? Più che prenderlo a botte… io ho cominciato a dormire da quando mi hanno messa ai domiciliari, perché sapevo che Davide era a casa.
Ogni notte, da casa, guardava le telecamere del locale. Cosa vedeva?
Guardavo se Davide era vivo. Anche se in realtà non vedevo niente, era molto furbo, le copriva. L'unica cosa che potevo monitorare erano gli allarmi di chiusura, che potevo gestire anche io dal mio cellulare.
E a che ora chiudeva Davide di solito il locale?
Dipende. A volte non chiudeva proprio per due tre giorni di fila, stava barricato lì dentro.
Ha detto che il rapporto con Davide era diventato burrascoso, negli ultimi tempi. Cosa intende?
Mi allontanava, non voleva che stessi in Gintoneria perché gli proibivo di far venire le ragazze. Cercavo di ostacolarlo, di non fargli vedere certe persone che io sapevo fare uso di sostanze, cercavo di tener lontano le ragazze che hanno abusato di Davide perché in molte occasioni era l'esatto contrario… presto avrete delle novità, ma salterà fuori chi veramente vendeva le ragazze e le sostanze. Non sicuramente Lacerenza. Lacerenza le comprava, era un grande cliente di chi spacciava, ma non ha mai spacciato nemmeno mezzo grammo.
A lei è stata contestata solo l'accusa di sfruttamento della prostituzione, non quella di spaccio.
Almeno quella me l'hanno risparmiata, visto che io ammazzerei tutti i drogati del mondo.
Però, per quanto disapprovasse il sistema che si reggeva alle spalle di tutto questo, in qualche modo chiudeva gli occhi perché alla fine le faceva comodo… è quello che emerge dalle indagini.
No, a me non faceva comodo per niente perché a Davide non bastavano 10mila euro al giorno per i suoi vizi. Quanti sono in un mese? Non c'era più guadagno, c'era la rovina, c'era la catastrofe. Davide non vendeva quella roba, Davide la usava, beveva anche tanto. Avete mai visto uno ubriacarsi da solo? I drogati allontanano le persone che non fanno uso, cioè me, e vogliono vicino persone come loro per non drogarsi da soli. Dipingerlo come un sistema per fare entrare soldi è un grosso errore… Davide ha dilapidato tutto. Ma tanto ormai abbiamo pagato, abbiamo patteggiato.
C'è il terzo indagato, Davide Ariganello, che, sempre secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe fornito proprio ai clienti il servizio "delivery" con champagne, escort e cocaina.
Ma infatti è quello che saprete presto, ora non voglio parlare di Ariganello. Ti dico solo che ho avuto un colpo quando mi sono vista indagata insieme a lui, perché Davide Ariganello era un ex dipendente che non lavorava più in Gintoneria e che era stato allontanato proprio per questo motivo. Tornava di nascosto quando sapeva che Davide era fuori controllo perché, lo saprete poi, i delivery li faceva solo Ariganello.
Di cui lei però era a conoscenza.
Dei delivery di Ariganello? Io lo avevo licenziato, Ariganello.
Se non era d'accordo non poteva fare qualcosa, sapendo che lui continuava ad agire in questo modo nonostante il licenziamento?
Cosa facevo? Lo ammazzavo, così prendevo l'ergastolo? Ariganello non era più una persona che lavorava in Gintoneria, era stato allontanato. Ma se lui arrivava all'una di notte quando io dormivo e faceva quello che faceva io non potevo saperlo, perché io ero a casa mia.
Chi c'era in Gintoneria, chi la frequentava?
In Gintoneria venivano tutti. È stato dipinto come il locale nero di Milano, ma quello che avveniva in Gintoneria è l'esatto standard che avviene in tutti i locali del mondo. Quello che avviene nei bagni di qualunque locale di Milano e non solo, perché io non amo nemmeno sentire sempre demolire questa città di Milano visto che purtroppo la droga non è solo a Milano: anche a Napoli o Torino spacciano o consumano nei bagni. Le ragazze, poi, girano in tutti i locali. Quelle che vedevo in Gintoneria vanno anche negli altri posti, non stavano inchiodate lì.
In questo caso venivano però proprio chiamate da Davide Lacerenza: “C’è un cliente che spende, vieni, fagli fare la bottiglia".
E dov'è il male? Venivano chiamate da Davide a bere champagne, se facevano altro erano problemi loro. Facciamo un processo qua, tu mi hai chiamato per rifare il processo, insomma… Solo che il processo è chiuso, io ho patteggiato, basta. Se mi volete accusare di qualcosa, accusatemi di amare troppo Davide, perché io per lui ho sacrificato me stessa. Tutte le varie donnine che dicevano di amare tanto Davide sono sparite. Gli è rimasta Stefania Nobile, che è quella che avrebbe preferito vederlo in galera piuttosto che morto. Io non ho fatto niente ma pago volentieri, se il prezzo per vedere il Davide che ho di fronte in questo momento pago molto volentieri. Avrei pagato anche con il carcere, pur di vedere Davide vivo.
Davide ha dichiarato di recente: "Il 95 per cento di amici e parenti sono spariti”. È successo anche a lei?
Io non ho più amici, ma non li avevo nemmeno prima. C'è una grande differenza tra me e Davide: io ho smesso da tempo di fidarmi delle persone, le persone ci sono sempre quando hai qualcosa. Quando sono stata arrestata insieme a mia mamma eravamo all'apice e avevamo miliardi di amici… ma quando sono tornata libera, mi sono ritrovata sola. Poi sono tornati, solo dopo. Ma io non li rivoglio, mi basto. Ho la mia mamma, la mia famiglia che purtroppo, negli ultimi tre anni, si è impoverita della figura più importante che era il mio papà acquisito. Ho imparato a farmi bastare gli amori veri, quelli che contano nella vita. Per me se uno veniva a spendere era un cliente, non ho mai legato. Io non reputo amiche le persone che venivano nel locale, perché le amicizie non esistono: quando non hai più niente non ci sono più amici.
Lei poi in realtà, con sua madre, era ogni sera in Gintoneria. Cosa faceva?
Sì, andavo quasi tutte le sere, anziché mangiare a casa mangiavo lì con mia mamma. Molti clienti volevano anche la sua presenza, perché sono figlia di una grande: mia mamma è la numero uno, è amatissima dai ragazzi giovani… comunque al massimo alle undici andavamo via. Ma non vedo quale sia il problema. Stiamo stati io e Davide vent'anni fa, a iniziare insieme questo lavoro.
Davide ha dichiarato anche di recente: "Oggi non ho più un euro”. Liborio Cataliotti, il vostro avvocato, ha confermato: “Il signor Lacerenza riparte da zero”. Poi c'è stato il sequestro di 900mila euro di beni della Gintoneria.
Hanno stabilito una confisca di 900mila euro come provento di reato. Ci sarà l'asta delle bottiglie di champagne.
La Gintoneria però fatturava 2 milioni di euro all'anno. E lo stesso rampollo da solo ha speso più di un milione di euro.
I suoi soldi non li poteva spendere come voleva? Nessuno gli ha puntato una pistola, nessuno è andato a prenderlo con il guinzaglio.
D'accordo, ma la questione è: dove sono finiti tutti i soldi che avete guadagnato in questi anni?
A Davide non bastavano più 10mila euro al giorno. Ecco dove andavano i soldi, in droga e p*****e che pagava lui, non che vendeva ai clienti.
Facciamo altri passi indietro. Ci racconta come ha conosciuto Davide?
Il nostro incontro è veramente una storia, credo una delle più belle storie d'amore. Mi fermò lui in via Verri, una traversa di Montenapoleone, dove stavo andando a fare una lampada: io entravo e lui usciva. Era il 2003. Davide era bellissimo, il ragazzo più bello che avessi mai visto nella mia vita, in quel momento vendeva computer. Mi avevano colpito i suoi occhi azzurri ma io al tempo ero fidanzata e nel pieno del mio processo, non è che mi interessassero molto i provoloni che ti fermano per strada. Lui, in maniera molto abile, mi chiese il numero di telefono. Gli diedi quello sbagliato, ma mi scoprì. Gli dissi: "Va bene, io il mio numero te lo posso anche dare, però perdi tempo”.
Invece no.
Per due o tre anni successivi ha continuato a chiamarmi, ma non sono mai uscita con lui. Poi mi lascio con il fidanzato, e sfogliando la rubrica del telefono dal parrucchiere mi accorgo del contatto di Davide. Mentre componevo il numero pensavo oddio, magari si sarà sposato, lo faccio litigare con la moglie… invece ha risposto subito: “Stefy, ciao, come stai?”. Dico: “Ti volevo dire che sono single”. Ci mettiamo d'accordo per la sera, e quando io gli dico l'indirizzo lui si mette a ridere. Gli chiedo perché quando mi viene a prendere e…abitavamo nella stessa via, senza esserci mai incontrati. Era proprio destino. Dopo sei giorni vivevamo già insieme.
Quanto siete stati insieme, e cosa vi teneva davvero uniti?
Siamo tutte e due nati per lavorare. Siamo lavoratori come poche persone al mondo, lo facciamo per 15 ore, 18 ore al giorno. E tutti e due avevamo questa grande voglia di riscatto. Volevamo dimostrare al mondo che saremmo stati capaci di creare qualcosa di unico.
Insieme avete aperto prima La Malmaison, locale in via Comune antico.
Un posto che rimarrà nella storia come uno dei più bei locali di Milano.
Che anni erano?
Abbiamo aperto nel 2006. Davide, al tempo, era astemio…
In che situazione personale e giudiziaria si trovava lei?
Disastrosa. Ero in attesa di giudizio, secondo grado, e poi ci sarebbe stata la Cassazione. Una delle prime cose che dissi a Davide è stata: “Non innamorarti di me, andrò in galera”. Lui non ci credeva, io ne ero certa: era un processo troppo mediatico, dovevano per forza darci una stangata degna della visibilità del caso.
E l'idea della Malmaison da dove arriva? È sua o di Davide?
Di tutti e due. Da parte mia avevo la fortuna di aver visto il mondo, ho viaggiato tanto e mi sono fatta una cultura. Non quella dei libri, eh: ho la terza media, anche se non mi sono mai sentita inferiore ad avvocati, magistrati o giornalisti. Ma ho frequentato i ristoranti e gli hotel più esclusivi, e volevo replicare la stessa cosa qui. Mentre Davide, da buon pugliese, in famiglia ha sempre mangiato pesce di qualità, era un grande conoscitore di crudo di mare.
Con che soldi avete aperto il locale?
Non avevamo un centesimo, io da miliardaria mi sono ritrovata a non avere niente. Davide vendeva computer, aveva il suo stipendio. Ci siamo messi a cercare un locale e abbiamo trovato una vecchia trattoria in una via chiusa alla periferia nord di Milano. Era terrificante. Davide si arrabbia, mi dice: “Tu sei pazza, qui non verrà mai nessuno, è una via chiusa”… gli rispondo: "Sarà la fortuna di questo posto". Ero sicura. Nei locali di lusso si va con l'amante, non con la moglie: la strada chiusa sarebbe stata solo un vantaggio. Così è stato.
E i soldi?
Volevano 30mila euro, Davide firmò chili di cambiali. Il locale non è decollato subito, all'inizio non c'era nessuno. Ma la mia caparbietà ha fatto sì che scoprissi un sito molto famoso di allora, tale "Milano da Bere"… così abbiamo investito sulla pubblicità online.
Come funzionava?
C'erano quattro salette privè con giardino, un giardino meraviglioso. Abbiamo puntato da subito all'esclusività di alcune cose tipo percebes, scamponi, gamberi carabineros… cose che non trovavi da nessuna parte.
Però c'erano state anche un po’ di polemiche…
Polemiche da comunisti. Se voglio spendere 20 euro non vado a La Malmaison, non vado al Twiga. È come la polemica dell'ombrellone… quando non avevo soldi io andavo alla pensione Lucertola a Lido di Savio, mangiavo il panino che mi dava la mamma e andavo nella spiaggia libera. Mangiare scamponi, bere champagne, il distillato, la tequila… si paga caro, non solo da Lacerenza. È sbagliato?
Ok, ma le lamentele del tempo derivavano dal fatto che i prezzi delle pietanze e delle bottiglie non fossero proprio ben chiariti sul menu.
I prezzi erano chiarissimi. È stato il locale più bello ed esclusivo di Milano.
Perché un locale così bello ha chiuso dopo pochi anni?
Non ha chiuso, ha preso fuoco.
Come è arrivata la Gintoneria?
Davide ha sempre avuto due locali, la Gintoneria esisteva già. Dopo sei mesi che avevamo aperto La Malmaison un nostro cliente mi disse: “Guarda Stefy, ho un bar di cui mi voglio liberare in via Napo Torriani. Dimmi tu quanto mi vuoi dare". Davide era contrario, aveva già i suoi chili di cambiali. Al tempo, poi, via Napo Torriani non era certo quella di oggi. Una via buissima, dietro la stazione, famosa per le prostitute dagli 80 anni in su…
Così nasce la Gintoneria.
Inizialmente era La Malmaison cafè, dove lavorava anche mia mamma: un bar che apriva alle sette di mattina e chiudeva a mezzanotte. Poi ci fu la crisi della ristorazione nel 2009/2010, e Davide ebbe questa intuizione della gintoneria. Aveva previsto che il nuovo business sarebbero stati i gin… e ci ha preso. Gli altri sono arrivati tutti dopo.
E lei?
Nel 2009 mi hanno arrestato. Davide ce l'ha fatta da solo, e in questo modo ha scoperto di essere bravo. Prima era molto schermato dietro di me.
Però in fondo c'è lei, dietro la creazione del personaggio Davide Lacerenza.
Diciamo che sono stata la prima a credere in lui e a coglierne le potenzialità, perché è una persona unica, uno che quando fa una cosa la fa perfetta. Era restio a fare i video, non voleva apparire sui social…sembra strano raccontarlo oggi, che la sua vita l'ha messa tutta sui social, ma allora non voleva. C'era Periscope, l'antesignano dei social, e gli dicevo: “Davide, devi far vedere alla gente come apri le ostriche, come si estrae il caviale, come facciamo i plateau". E lui: "Tu lavoravi in televisione, ma la mia vita invece non interessa a nessuno, cos'ho da dire?”. Lì è nato il successo, il fenomeno Davide Lacerenza.
(Fine prima parte)