Il video dei ragazzini che viaggiano appesi ai treni della metro a Milano: cos’è il pericoloso “train surfing”

Si fanno trasportare aggrappati all'ultimo vagone, con un cellulare in mano per poi postare tutto sui social. Sono due ragazzini, quasi sicuramente minorenni, che viaggiano tenendosi stretti a uno dei treni della metro di Milano. E per la precisione a uno dei convogli della linea verde M2 che nella tratta dopo la fermata Udine verso Gessate e Cologno Nord prevede un lungo tragitto all'aperto.
È uno dei video che girano sul web, diffusi da un profilo Instagram e condivisi da tantissimi giovani. Immagini in movimento che altro non sono che azioni di "train surfing", diffuse soprattutto nell’Europa dell’Est e in Svizzera e ormai da pochi anni approdate anche in Italia, nel capoluogo lombardo: una sorta di evoluzione estrema dell’urban climbing, dove si va alla ricerca di azioni sempre più rischiose e spettacolari scalando monumenti come il Duomo di Milano, grattacieli e persino lo stadio di San Siro per attirare sempre più visualizzazioni sui social.
La sfida è quella di restare in piedi il piano a lungo possibile, rimanendo appesi a un vagone anche per decine di chilometri. E, nel frattempo, magari anche camminare, saltare, salire sul tetto, riprendersi con il cellulare o imprimere sulla carrozzeria il proprio tag con la bomboletta spray. Vince chi riesce a rimanere sui convogli del treno per più tempo resistendo al vento, alla velocità e alla paura prima di sganciarsi e lanciarsi giù, sfinito. Tutto a favore di videocamera.
Una pratica decisamente pericolosa, visto che chi viaggia in questo modo corre il rischio di cadere sui binari o di impattare nei cavi dell'alta tensione. Ma i protagonisti di questa moda, nata oltre oceano negli anni Ottanta e ritornata in voga con l'avvento di telefonini e social, sottovalutano i possibili danni del "train surfing".