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Il carcere di Bergamo intitolato all’ex cappellano don Resmini, il prete degli ultimi morto di Covid

Il carcere di via Gleno a Bergamo sarà intitolato ufficialmente a don Fausto Resmini, l’ex cappellano del penitenziario morto a causa del Coronavirus il 22 marzo dello scorso anno. La cerimonia ufficiale per intitolare il carcere al “prete degli ultimi”, amato per il suo impegno per i più bisognosi, si terrà il 19 aprile alla presenza della ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
A cura di Francesco Loiacono
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Il prossimo 19 aprile il carcere di via Gleno a Bergamo sarà intitolato ufficialmente a don Fausto Resmini, l'ex cappellano del penitenziario morto a causa del Coronavirus il 22 marzo dello scorso anno. A partecipare alla cerimonia ufficiale di intitolazione della casa circondariale bergamasca sarà la ministra della Giustizia Marta Cartabia, che darà così seguito alla richiesta dei deputati del Partito democratico Elena Carnevali e Maurizio Martina che era stata accolta dal suo predecessore, Alfonso Bonafede, durante il governo Conte bis.

Chi era don Resmini

Don Resmini, il prete degli ultimi e degli invisibili, era conosciuto e amato per il suo impegno a favore dei poveri, dei carcerati e di coloro che vivevano ai margini della società. Il sacerdote originario di Lurano, in provincia di Bergamo, aveva fondato la Comunità don Milani di Sorisole, dedita al recupero dei minori che avevano avuto trascorsi difficili. Per 28 anni è stato il cappellano del penitenziario bergamasco, ma non ha mai smesso di operare anche al di là delle mura del carcere. Esempio tipico di "prete da strada", ha girato col suo camper "Esodo" offrendo pasti caldi a senzatetto ed è stato impegnato in prima linea al Patronato San Vincenzo. La sua figura di prete degli ultimi ed esempio di resistenza civile è stata recentemente ricordata anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante la sua visita a Bergamo dello scorso 18 marzo, in occasione della prima Giornata nazionale del ricordo per le vittime del Covid-19. Adesso arriverà anche questo riconoscimento ufficiale: segno che l'eredità di don Resmini, come è stato ricordato in occasione delle celebrazioni a un anno dalla sua morte, è ancora viva.

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