
Uccisa nel corso di un agguato premeditato. Questo è quello che emerge al momento rispetto all'ennesimo femminicidio, avvenuto in via Iglesias a Milano la notte del 14 ottobre. Pamela Genini era a casa sua. La casa dove era tornata presumibilmente nel tentativo di prendere le distanze da quella relazione che si era rivelata oppressiva e pericolosa da un po' di tempo. L’uomo, stando a quanto si è ricostruito, si sarebbe introdotto nell’appartamento di Genini utilizzando una copia delle chiavi che probabilmente si era procurato un po' di tempo prima.
La 29enne si è accorta della sua presenza mentre era al telefono con il suo ex, con il quale aveva un buon rapporto, e al quale ha poi inviato un messaggio chiedendo aiuto e ha finto l’arrivo di un corriere per prendere tempo e far intervenire la polizia, ma non le è stata data alcuna possibilità. È stata trascinata fuori sul terrazzo e uccisa mentre, gridando, cercava disperatamente aiuto.
Probabilmente quella paura la percepiva da tempo. Nella relazione vi sarebbero stati episodi di minacce sia nei suoi confronti che della madre, persecuzione e un tentativo di uccidere la cagnolina alla quale Pamela Genini era tanto legata.
Una serie di avvisaglie, di fattori di rischio specifici (il controllo ossessivo, le minacce, gli agiti persecutori e le pregresse violenze), di cui si apprende solo ora, dopo la morte di Genini attraverso le varie testimonianze acquisite dagli inquirenti. È lo stesso ex fidanzato, al quale la 29enne aveva provato a chiedere aiuto quella notte, a riferire che la ragazza non riusciva più a sostenere quel contesto maltrattante e aveva deciso di interrompere la relazione.
L’uomo ora è in stato di fermo per l’omicidio aggravato dalla premeditazione (aveva con sé il coltello con il quale ha colpito Pamela Genini, sembra con 24 coltellate) e dallo stalking. Un comportamento assillante, persecutorio e minaccioso riferito da chi conosceva la ragazza o la coppia. Non risultano però denunce o segnalazioni, a parte un intervento della Polizia a seguito di un’aggressione. Probabilmente la 29enne aveva sperato di riuscire a gestire da sola quella situazione o, come molto spesso avviene, aveva avuto paura di denunciare per timore delle successive reazioni che l’uomo avrebbe potuto avere.
Si era però attivata cercando di prendere le distanze da quella relazione, ma lui non le ha lasciato scampo.
L’elemento che più dovrebbe far riflettere e che sicuramente colpisce di questo femminicidio, è il fatto che l’assassino abbia continuato a infierire sulla donna, che era ancora in vita, anche all’arrivo della polizia. Ha fatto di tutto per ostacolare i soccorsi e accertarsi di ucciderla. Un accanimento il suo che denota la lucida volontà omicidiaria e la ferma intenzione di portare a termine il suo intento. Un intento punitivo, di prevaricazione, che doveva cagionare la morte di Pamela Genini per impedirle di conquistare la sua libertà.
Un comportamento questo che non riguarda il singolo, che non ha nulla a che fare con la furia cieca e con il gesto folle di un criminale, ma che rievoca ed è sostenuto da una cultura che quel potere lo ha sempre garantito e sostenuto. Chi ha ucciso Pamela lo ha fatto perché, ancora una volta, si è sentito di poter disporre della vita, fino alla morte, della persona con cui aveva una relazione. Un potere, rivendicato con forza mortale, solo per l’appartenenza a un genere al quale quel privilegio è stato anticamente riconosciuto.
Il femminicidio di Pamela Genini ci ricorda anche che, nel contrasto alla violenza maschile contro le donne, un ruolo determinante e fondamentale per poter sperare in un reale cambiamento, è svolto dalle attività di prevenzione, quegli interventi volti cioè a sovvertire quel sistema culturale che, anche implicitamente, sostiene e tramanda la violenza. Perché gli interventi repressivi o punitivi, come molto spesso accade, possono essere difficili da attivare e a volte scarsamente efficaci in termini di reale tutela e soprattutto non hanno alcun effetto sulla lucida e determinata volontà di oppressione che arma la mano e le gesta degli abusanti.
