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Fornirono le armi ai killer: dopo 34 anni altre condanne per l’omicidio di Umberto Mormile, educatore in carcere

Oggi venerdì 15 marzo il gup di Milano ha condannato a 7 anni Vittorio Foschini e Salvatore Pace per il concorso nell’omicidio di Umberto Mormile, l’educatore penitenziario del carcere di Opera era stato ucciso l’11 aprile 1990 in un agguato a Carpiano, nel Milanese.
A cura di Giorgia Venturini
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I collaboratori di giustizia Vittorio Foschini, 63 anni, e Salvatore Pace, 66 anni, sono stati condannati a sette anni per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l’educatore penitenziario del carcere di Opera ucciso l’11 aprile 1990 a Carpiano, nel Milanese. La sentenza del giudice per l'udienza preliminare di Milano Marta Pollicino è arrivata anni dopo le confessioni dei due collaboratori di giustizia, avvenuta nel 2018: ora i due condannati dovranno anche risarcire i famigliari dell'educatore di Opera per 100mila euro per ciascuno.

Stando a quanto emerso, entrambi gli imputati si sarebbero messi a disposizione dei mandanti dell’omicidio fornendo armi e mezzi al killer Tonino Schettini che dal sellino di una moto guidata da Nino Cuzzola sparò e centrò per 6 volte Mormile. Era l'11 aprile 1990 in una via di Carpiano, nel Milanese.

In Tribunale è stata accertata l'ipotesi sostenuta da Fabio Repici, ovvero il legale di parte civile dei fratelli Nunzia e Stefano e della figlia di Mormile, che vedeva Pace come "capo del gruppo criminale che si metteva a disposizione a richiesta delle associazioni criminali di Coco Trovato e dei Papalia, fornendo supporto logistico nella fase preparatoria dell’omicidio: in particolare faceva consegnare da appartenenti del suo gruppo armi e una moto per eseguire l’omicidio dell’educatore di Opera".

Mentre a Foschini è stato contestato "su ordine di Coco Trovato di avere dato disposizioni ai sodali di fornire l’auto e una moto con cui veniva eseguito l’omicidio". Gli anni dopo l'omicidio a confessare l'assassinio erano stati Antonio Schettini e Nino Cuzzola, diventati collaboratori e condannati in tutti i gradi di giudizio. La giustizia farà anche i nomi dei mandanti, ovvero i boss di ‘ndrangheta Domenico Papalia e Franco Coco Trovato. Ora sono arrivate anche queste due condanne.

Le indagini e i depistaggi subito dopo l'omicidio

Al centro delle indagini degli ultimi anni ci sono gli incontro tra i detenuti al 41 bis perché membri di organizzazioni criminali e i servizi segreti. Furono accertati gli ingressi non registrati nel carcere di un tenente dei servizi segreti per tenere i colloqui con i boss. Ma cosa accadde e perché c'entrò Umberto Mormile?

Subito dopo l'omicidio ci furono tentativi di depistaggio: alla redazione di Ansa Bologna arrivò una chiamata quello stesso giorno in cui la "Falange Armata" rivendicava l'omicidio di Umberto. Ma la Falange Armate nulla c'entrò con l'omicidio. Le indagini successivamente portarono al carcere di Parma dove Mormile lavorò prima di Opera. Intanto il carcere milanese – come da sempre ha sostenuto il fratello Stefano – non collaborò in modo adeguato alle indagini della Procura.

La svolta arrivò nel 1993 quando l'inchiesta "Nord Sud" scoperchiò anche le infiltrazioni di ‘ndrangheta in Lombardia sulle parole di uno dei primi pentiti dell'organizzazione calabrese Saverio Morabito. Stefano Mormile a Fanpage.it aveva spiegato così cosa era accaduto quell'anno: "Morabito fu il primo ad accostare l'omicidio di mio fratello al boss di ‘ndrangheta detenuto al carcere di Opera Domenico Papalia. Non si fece in tempo neanche ad avviare i primi accertamenti che Antonio Schettini confessò di essere l'esecutore materiale dell'omicidio, entrando così a far parte dei collaboratori di giustizia. Ma Schettini raccontò una versione non vera".

Perché i boss di ‘ndrangheta hanno ucciso Umberto Mormile

Ci volle tempo per arrivare a capire il movente e la dinamica di quanto accaduto: "L'educatore di Opera infatti si era accorto che all'interno del carcere entrarono senza autorizzazione scritta o alcuna registrazione alcuni membri dei servizi segreti: questi parlarono proprio con Domenico Papalia ottenendo da lui informazioni in cambio di permessi premio". Mormile aveva capito tutto quanto stava accadendo, da qui la decisione dei mandanti di ucciderlo.

Ma perché i servizi segreti incontravano nelle carceri i boss delle organizzazioni criminali? "Si scoprì con il tempo essere una pratica molto diffusa tanto che nel 2004 venne tutto documentato nel ‘Protocolla Farfalla‘". Ovvero un accordo stipulato tra il dipartimento di amministrazione penitenziaria e il Sisde in cui veniva elencati i boss messi sotto osservazione dai servizi segreti e avvicinati con la proposta di diventare confidenti in cambio di denaro. Con la condanna di oggi venerdì 15 marzo sono state accertate le ultime ombre sulla morte di Umberto Mormile.

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