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Direttore malattie infettive del Niguarda: “Puntare sugli anticorpi monoclonali come terapia Covid”

Il direttore di malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano Massimo Puoti spiega a Fanpage.it come affrontare l’ennesima ondata Covid: è necessario insistere sulla terapia degli anticorpi monoclonali.
A cura di Giorgia Venturini
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"Da quindici giorni i contagi stanno aumentando, così come i ricoveri negli ospedali della Lombardia". Lo ha affermato a Fanpage.it Massimo Puoti, direttore di malattie infettive dell'Ospedale Niguarda di Milano a poche settimane dal periodo natalizio. In questi giorni infatti il sindaco Giuseppe Sala e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana sono intervenuti sul tema delle restrizioni in vista del Natale.

Preoccupa la situazione all'ospedale Niguarda?

In questo momento al Niguarda non sono occupati tutti i posti letto Covid, ma in altre strutture delle Regione, se aumentare questo incremento dei positivi, si andrà verso una saturazione dei reparti Covid. Così la Regione potrebbe intervenire nei prossimi giorni per mettere a disposizione altri posti letto per malati Covid: ora tutti vengono ricoverati unicamente nel reparto di malattie infettive.

Se ora i ricoveri sono sotto controllo, invece i contagi?

Negli ultimi 15 giorni i contagi sono aumentati notevolmente. Era prevedibile che il 15 novembre sarebbe stata una data di svolta perché il 15 ottobre c'è stata un'ulteriore riapertura sul lavoro e sui trasporti. Quindi è prevedibile che dopo un mese ci potesse essere un incremento dei contagi.

L'inverno poi non aiuta. 

La situazione climatica gioca un ruolo importante. Ora le persone con questo clima sono più portate a stare al chiuso piuttosto che all'aperto. Poi in inverno si sa aumentano le infezioni respiratorie.

Chi sono i pazienti che occupano ora i posti letto al Niguarda? 

Ci sono pazienti vaccinati molto anziani: 80enni e 90enni. Così come pazienti che sfiorano anche i 100 anni. In reparto però sono diversi i non vaccinati di varie età: si tratta di pazienti decisamente più giovani. Questo perché è più facile trovare giovani non vaccinati.

Cosa ne pensa delle possibili restrizioni in vista del Natale?

Non siamo noi a dare indicazioni sulle restrizioni, resta una scelta politica perché va a limitare la libertà delle persone. Chiaramente quello che sarà determinante non è tanto il numero dei contagi quanto la situazione negli ospedali. Se l'ospedale non riesce a garantire i servizi per non i malati Covid perché quest'ultimi sono troppi, allora ovviamente ci potrebbero essere delle restrizioni. Non spetta a noi medici decidere. Noi stiamo lavorando al massimo delle nostre capacità per cercare di mantenere i malati contagiati dal Coronavirus nei reparti di malattia infettiva senza ridurre i posti negli altri reparti. Per ora i malati Covid non sono stati trasferiti verso altri ospedali: adesso a Milano è tutto sotto controllo.

Quali soluzioni sono necessarie per lei per evitare un aumento dei ricoveri in vista del Natale?

Dal punto di vista clinico possiamo sperare in tre soluzioni. Il primo è quello di aumentare e correre sulle terze dosi. Ovvero cercare di fare con le terze dosi quello che è stato fatto con il primo ciclo di somministrazioni. Secondo, favorire la gestione dei pazienti a rischio con la prima fase della malattia attraverso la terapia degli anticorpi monoclonali che sono utilizzati troppo poco. Speriamo che il prima possibile arrivi anche il farmaco contro il Covid che potrà essere somministrato al paziente fin da subito così da evitare una corsa in ospedale. E terzo, cercare di curare i pazienti meno gravi in reparti sub-acuti dove possono essere curati anche per le altre patologie. Così da permettere ai reparti di malattie infettive di tirare un respiro di sollievo.

La terapia degli anticorpi monoclonali può ridurre i ricoveri? 

Sì. Sono delle medicine, anticorpi contro il virus, che somministrati ai pazienti appena dopo aver saputo della positività riducono l'ospedalizzazione del 50 per cento. Nella primissima fase della malattia infatti grazie a questa terapia è molto bassa la probabilità di finire in ospedale. Si tratta di una terapia precoce che si fa oltre al vaccino. Ad oggi è una terapia un po' complessa perché la si sottopone solo in ospedale. Tra poco avremo un farmaco facile da somministrare: prima lo avremo anche in Italia prima i ricoveri diminuiscono e la gente potrà andare in giro più liberamente. Nostro obiettivo ora quello di raggiungere le prestazioni ambulatoriali del 2019, come radiografie e visite.

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