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Dentro le fabbriche dove gli operai sfruttati producono borse per i marchi di lusso: c’è anche un bimbo nel girello

C’era anche un bimbo nel girello all’interno delle fabbriche che producevano in subappalto borse di lusso per Valentino Bags Lab Srl. Il blitz dei carabinieri tra lavoratori clandestini e macchinari non a norma.
A cura di Francesca Del Boca
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Sostanze potenzialmente tossiche, sporcizia, macchinari privati dei dispositivi di sicurezza. In mezzo a tutto questo c'era anche un bimbo piccolo nel girello, lasciato girare da solo in fabbrica mentre i genitori erano impegnati a cucire, tagliare, tinteggiare senza sosta fino a tarda notte.

È la scena che si sono trovati davanti i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro del Comando di Milano, durante uno dei loro blitz in alcuni laboratori gestiti da cinesi nell'hinterland del capoluogo lombardo come la Pelletteria Elisabetta Yang a Opera (già in passato finiti sotto inchiesta per la produzione di borse per Dior) o la Bags Milano srl a Trezzano sul Naviglio, che a loro volta affidavano il lavoro ad altri opifici come la A&N Borse Milano srl.

Si tratta di opifici che operano in subappalto per la società che produce borse e accessori di pelletteria per Valentino Valentino Bags Lab Srl (100 dipendenti, di cui 70 per cento operai, e 23 milioni di euro di produzione annuale), da ieri sotto amministrazione giudiziaria per aver colposamente agevolato realtà che si avvalgono di lavoratori clandestini e sfruttati.

Dietro al lusso e alle borse all'ultima moda, in realtà, c'erano infatti in realtà interi capannoni dove notte e giorno lavorano operai, spesso privi di contratto e permesso di soggiorno, sottostando a turni superiori alle 8 ore previste (e addirittura "picchi produttivi" con il buio, fino alle 4.30 di notte). Veri e propri fantasmi che trascorrevano l'intera esistenza chiusi in fabbrica, dormendo su sporche brande accanto alle macchine da cucire e consumando i pasti in una cucina ricavata dietro un muro di cartongesso.

Ma non solo. Durante un sopralluogo, i carabinieri hanno notato come gli operai, a cui non venivano fornite visite mediche e adeguata formazione professionale, maneggiassero macchinari non a norma, dai dispositivi di sicurezza manomessi per accelerarne la resa produttiva. Congegni sprovvisti, ad esempio, dei meccanismi di arresto in caso di emergenza, o di raffreddamento della temperatura. Mentre sostanze chimiche potenzialmente tossiche venivano lasciate sul pavimento, a portata di bimbo. 

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