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Cremona, truffa su soldi raccolti per aiutare ospedali contro il Coronavirus: rubati 100mila euro

Tre persone, ritenute promotrici dell’associazione “Uniti per la Provincia di Cremona”, risultano indagate con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, all’autoriclaggio e all’appropriazione indebita dalla procura di Cremona. Avrebbero distratto mediante il meccanismo delle fatture false almeno 100mila euro dei 4 milioni raccolti per aiutare ospedali e operatori sanitari nel pieno dell’emergenza Coronavirus.
A cura di Francesco Loiacono
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Durante il periodo più duro dell'emergenza Coronavirus si sono moltiplicate le iniziative di raccolta fondi per aiutare gli ospedali e gli operatori sanitari impegnati in prima linea. Non tutte, però, sarebbero state trasparenti: lo si evince anche dall'inchiesta che la procura di Cremona sta conducendo nei confronti di una onlus, la "Uniti per la Provincia di Cremona". Tre persone, ritenute promotrici dell'associazione, risultano indagate con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, all'autoriclaggio e all'appropriazione indebita. Stando a quanto riportato dall'agenzia giornalistica Agi, i tre si sarebbero appropriati di circa 100mila dei 4 milioni di euro raccolti tra cittadini e imprese durante l'emergenza. Lo avrebbero fatto attraverso il meccanismo di fatture false rilasciate alla onlus per servizi e prestazioni che però non sarebbero mai state effettuate.

Strani movimenti di denaro hanno insospettito gli investigatori

La onlus al centro dell'inchiesta, oggetto di perquisizioni, era nata a marzo di quest'anno, quindi in piena pandemia. Dalle casse della onlus sarebbero usciti prima circa 28mila euro tramite bonifici, giustificati dal beneficiario con la fornitura di 750 pasti caldi a domicilio, e poi altri 58mila euro versati nei confronti di un uomo che risulta "gestore di locali notturni e attualmente sottoposto a procedura fallimentare". Questi movimenti di denaro, oltre che "reciproci trasferimenti di denaro su conti esteri, accesi in Bulgaria e Gran Bretagna" tra due degli indagati, hanno insospettito gli investigatori, che temono che con il meccanismo della false fatture sia stato distratto anche altro denaro da quello destinato a ospedali e medici. Nell'inchiesta sarebbe coinvolto anche un religioso, che stando alle indagini era disponibile a "coprire" le distrazioni di denaro mediante false giustificazioni, e il membro della "Fondazione Giovanni Arvedi", legata alla nota acciaieria cremonese che però è estranea alla vicenda giudiziaria e anzi aveva promosso e finanziato la raccolta fondi.

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