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Alberto Genovese arrestato per stupro

Com’è possibile chiedere la seminfermità mentale per un imprenditore di successo come Genovese

Gli avvocati difensori di Alberto Genovese hanno chiesto la seminfermità mentale. Ma perché a un mago delle start-up e a un imprenditore di successo possa essere riconosciuta l’infermità mentale? A spiegare tutto a Fanpage.it è l’avvocato e ricercatrice post dottorato Eliana Reccia.
Intervista a Dott.ssa Eliana Reccia
Avvocato e ricercatrice post dottorato
A cura di Giorgia Venturini
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Ieri lunedì 18 luglio davanti al giudice gli avvocati difensori di Alberto Genovese hanno chiesto l'assoluzione piena per l'accusa di stupro avvenuta a Villa Lolita a Ibiza, la seminfermità mentale e il minimo della pena per la violenza perpetrata nel suo attico di lusso, conosciuto con il nome di Terrazza Sentimento. L'infermità parziale potrebbe ridurre la pena fino alla metà prevista dal codice penale. Ma perché a un mago delle start-up e a un imprenditore di successo può essere riconosciuta l'infermità mentale? A spiegare tutto a Fanpage.it è l'avvocato e ricercatrice post dottorato Eliana Reccia.

Dottoressa, perché è stata chiesta la seminfermità mentale per Genovese?

Le richieste della difesa sulla seminfermità mentale si basa sul fatto che l'imprenditore avrebbe assunto sostanze alcoliche e stupefacenti unito al fatto che gli è stata riconosciuta la sindrome di Asperger, una forma di autismo che comprometterebbe le relazioni sociali. Secondo la difesa genovese, da quanto si legge, non si sarebbe reso conto che in un certo momento le ragazze non avevano più prestato il consenso.

E per questo si parla di violenza…

Si può parlare di violenza sessuale sia quando fin dall'inizio non ci sia stato il consenso da parte della vittima sia quando la vittima dica no anche dopo che è iniziato il rapporto. Il consenso deve perdurare: se le vittime fanno capire anche con gesti concreti che non vogliono più unirsi sessualmente e vengono ignorate, allora anche in questo caso si tratta di violenza sessuale. Il punto qual è? La difesa avrà presentato una perizia nella quale uno psichiatra avrà riconosciuto in Genovese la seminfermità parziale di mente a causa dell'assunzione di sostanze e alla sindrome. In questo modo non avrebbe potuto capire se le ragazze erano contrarie o meno.

Come è possibile che venga chiesta la seminfermità mentale per un imprenditore come Genovese, riconosciuto per essere il mago della start up? 

L'articolo 85 del codice penale prevede che la capacità di intendere e volere deve sussistere al momento del fatto. Il giudice non è chiamato a fare una valutazione della persona prima e dopo la violenza. Nel caso di Genovese bisogna considerare l'articolo 89, che riguarda l'infermità parziale di mente.

Per richiedere la seminfermità è sufficiente che Genovese durante la violenza dimostri di essere stato sotto l'effetto della droga?

No, l’infermità è una malattia che può essere intesa anche in senso ampio ma deve investire la capacità di intendere e di volere al punto da scemare grandemente la capacità di intendere e volere.

Che pena rischia Genovese?

Tutto dipende se il giudice riconosce la seminfermità mentale. Se viene riconosciuta dal giudice si avrà un beneficio. Nel dettaglio, per il reato di violenza sessuale (senza aggravanti) è prevista una pena detentiva che va dai 5 ai 10 anni. Con la infermità parziale di mente si può ridurre fino alla metà della pena e, se la persona può essere ritenuta pericolosa socialmente, il giudice può richiedere anche una misura di sicurezza, come il ricovero in casa di cura o nella REMS.

Secondo lei le leggi sulla violenza sessuale sono chiare?

Deve essere chiarito meglio il concetto di consenso sessuale: in questo momento è oggetto di una riforma da parte di alcuni esperti. Purtroppo l'attuale legislazione non precisa in modo chiaro che il consenso deve perdurare per tutto il tempo. Secondo la difesa di Genovese, non si è reso conto che invece durante il rapporto sessuale le donne non volevano più andare avanti.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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