Arrivano gli sportelli lavoro in carcere, i primi in Italia sono a Bergamo e Brescia: cosa sono e come funzionano

Gli sportelli lavoro in carcere sono arrivati anche in Italia. La prima Regione a introdurre il servizio è la Lombardia che avvierà la sperimentazione all'interno del carcere Canton Mombello e alla casa di reclusione di Verziano, a Brescia, e alla casa circondariale di Bergamo. L'obiettivo del progetto è quello di "restituire alle persone detenute la possibilità di formarsi e lavorare dando loro una prospettiva di cambiamento reale e duraturo", ha spiegato a riguardo l'assessora regionale a Formazione e Lavoro, Simona Tironi.
In particolare, il progetto è promosso dalla Regione in collaborazione con il Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria (PRAP), l'Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna (UIEPE) e Sviluppo Lavoro Italia, nell'ambito di una sperimentazione sostenuta dal ministero del Lavoro e dal ministero della Giustizia. A gestire gli sportelli saranno i Centri per l'Impiego (CPI) in collaborazione con gli operatori penitenziari e le reti territoriali, mentre la Regione avrà un ruolo di coordinamento e governance della sperimentazione.
Sportelli lavoro in carcere: cosa sono e come funzionano
Ogni detenuto che vorrà accedere al servizio offerto dagli sportelli lavoro potrà fare domanda tramite l’educatore o l’area trattamentale del carcere. L’educatore segnalerà il nominativo allo sportello che poi convocherà la persona per un colloquio individuale.
In questo primo incontro verrà fatta una scheda delle competenze e un piano di percorso con l'obiettivo di orientare il detenuto o la detenuta nel mondo del lavoro. In questo percorso verrà data loro la possibilità di partecipare a corsi di formazione professionale, a eventuali tirocini dentro il carcere, e la possibilità di lavorare all’esterno in caso di permessi o di misure alternative. L’idea alla base del progetto rimane, infatti, quella che ogni persona possa usufruire di un progetto ad hoc e su misura.
Come funzionano all'estero
Prima del loro arrivo in Italia, gli sportelli lavoro esistevano già in diversi Paesi. Nel Regno Unito, per esempio, esistono i "Prison Employment Hubs", un modello avanzato di sportello lavoro che, in collaborazione con il Department for Work and Pensions, aiuta i detenuti a costruire un piano di carriera, redigere un curriculum e sostenere colloqui simulati, con contatti diretti con aziende partner.
In Francia c'è il "Pôle Emploi Justice" che integra pienamente il sistema penitenziario con quello pubblico per l’impiego: chi esce dal carcere può, infatti, proseguire il percorso con lo stesso consulente. Ancora, in Germania ogni istituto dispone di un ufficio per la formazione professionale e il lavoro che organizza corsi accreditati e tirocini con imprese, puntando su competenze spendibili nel mercato reale.
La Svezia privilegia, invece, un approccio personalizzato: ogni detenuto ha un tutor che coordina formazione, lavoro e sostegno psicologico, promuovendo un reinserimento graduale nella comunità. Negli Stati Uniti, infine, i "Reentry Employment Centers" e i programmi del "Second Chance Act" mirano a creare ponti tra carcere e società civile attraverso formazione tecnica e tirocini. Pur con modelli diversi, tutti questi diversi sportelli lavoro condividono un principio comune: dimostrare che investire sul reinserimento attraverso la formazione e il lavoro è anche un investimento sociale.