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Rapiti 4 italiani in Libia, Gentiloni: “Difficile fare ipotesi”

I quattro sono tutti dipendenti della ditta Bonatti, specializzata nella realizzazione di infrastrutture e impianti per l’estrazione e il trasporto di petrolio e del gas.
A cura di Davide Falcioni
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Ore 21.50 – Chi sono i quattro rapiti. Sono Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla i quattro tecnici italiani rapiti in Libia. Due di loro – scrive l'Ansa – sarebbero residenti in Sicilia, uno nella provincia di Roma e uno nella provincia di Cagliari.

Ore 20 – “Freedom for Gino, Filippo, Salvo e Fausto” – “Freedom for Gino, Filippo, Salvo e Fausto”: è quanto si legge su uno striscione apparso nel compound di Wafa, il secondo centro della Libia dove lavora l'azienda parmigiana Bonatti. Lo striscione, che fa i nomi di battesimo presunti dei quattro italiani rapiti, è stato fotografato e postato su facebook da alcuni colleghi tra cui Manuel Bianchi, noto a Parma come ex collega in Bonatti. “Quello che è successo in Libia oggi – scrive Bianchi – poteva benissimo accadere a me fino ad un anno fa. Ci si reca in quei posti solo per lavorare e non per divertirsi; per farvi arrivare il gas con il quale vi riscaldate in inverno, con il quale vi raffreddate in estate (ebbene sì) e con il quale vi fate da mangiare tutto l'anno. Per cui questa volta non ammetto ‘se la sono cercata’, ma solo #Solidarietà”.

Ore 17.55 – Il ministero dell'Interno libico di Tobruk, in riunione dopo il rapimento dei quattro italiani, “ignora al momento quale gruppo ci sia dietro al sequestro”. Lo hanno reso noto fonti vicine al ministero. In mattinata fonti di Al Jazeera avevano ipotizzato che gli autori del sequestro potessero essere elementi vicini alle milizie tribali.

Ore 14.30 – Secondo l'emittente Al Jazeera, che cita fonti di Tripoli, i rapitori sarebbero vicini a "Jeish al Qabail" (L'esercito delle Tribù), le milizie tribali della zona ostili a quelle di "Alba della Libia" (Fajr) di Tripoli. I quattro italiani sono stati sequestrati in un'area che fino a poco tempo fa era teatro di frequenti  scontri. Le identità dei quattro sono ancora sconosciute: a quanto pare tuttavia nessuno di loro è residente in provincia di Parma, dove ha sede la Bonatti. Intanto un fascicolo di indagine è stato aperto in Procura, a Roma, relativo al rapimento in Libia di quattro italiani per sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto.

Ore 11.00 – Secondo la nota ufficiale della Farnesina i 4 italiani, di cui ancora non si conoscono le generalità,  nella serata di ieri a Zuaia, città sotto il controllo delle milizie islamiste che appoggiano il governo di Tripoli, a nord-ovest del paese nordafricano, "mentre stavano rientrando dalla Tunisia", riferisce l'agenzia di stampa locale Afrigate.

Ore 10.30 – Secondo Paolo Gentiloni il rapimento dei 4 italiani in Libia "conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile". Il ministro ha sottolineato che "sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all'accordo che è stato raggiunto. Se l'accordo verrà concluso in modo largo, l'Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l'attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia".

UPDATE ore 09.45 – A margine di una riunione dei Ministri degli Esteri a Bruxelles Paolo Gentiloni ha dichiarato che al momento è difficile fare ipotesi sugli autori del rapimento. Il Ministro ha spiegato che l'Unità di crisi della Farnesina sta lavorando con urgenza.

Quattro cittadini italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi  del compound dell'Eni nella zona di Mellitah: a renderlo noto è la Farnesina. Si tratta di dipendenti della società di costruzioni Bonatti. L'Unità di crisi del ministero degli Esteri si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in costante contatto con le famiglie dei connazionali e con i dirigenti della Bonatti, azienda di Parma specializzata nella realizzazione di infrastrutture e impianti per l’estrazione e il trasporto di petrolio e del gas.

Come noto dopo la chiusura dell'ambasciata d'Italia in Libia il 15 febbraio scorso, il Ministero degli Esteri aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese invitando tutti i connazionali a lasciare il paese al più presto.

Mellitah: da qui parte Greenstream, il gasdotto più lungo d'Europa

Quello di Mellitah è uno dei siti di estrazione principali di tutta la Libia. Distante pochi chilometri dal confine con l'Algeria segna il punto di partenza del gasdotto Greenstream, il più lungo d'Europa, da mesi minacciato dai combattimenti e dall'avanzata dei miliziani dello Stato Islamico. Greenstream  –  gestito per tre quarti dall'Eni e per un quarto dalla Noc, la Compagnia nazionale libica  –  è un gioiello ingegneristico realizzato 11 anni fa. Il gasdotto è lungo 520 chilometri, attraversa il Mar Mediterraneo fino a una profondità di 1.200 metri e collega il paese nordafricano con la Sicilia, per poi da qui dirigersi nel resto d'Italia. L'investimento, di 7 miliardi di euro dei quali 3,7 in quota Eni, ha consentito la realizzazione di un'opera fondamentale per l'approvvigionamento energetico italiano. In questo quadro la ditta Bonatti si occupa della realizzazione e messa in posa di macchine, tubature e importanti strutture d'acciaio fondamentali per il funzionamento di tutto l'impianto.

L'azienda, con sede centrale a Parma, opera in 16 nazioni: Algeria, Austria, Canada, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Kazakhstan, Messico, Mozambique, Romania, Arabis Saudita, Spagna, Turkmenistan e appunto Libia.

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