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La crisi di Cosa Nostra, pochi soldi, boom di pentiti, pizzo low cost: così muore la mafia siciliana

Il fatturato di Cosa Nostra è molto lontano dai risultati ottenuti negli anni ’90 e nei primi 2000 e così, come nel caso del neo pentito Sergio Macaluso, sono in molti a non “riconoscersi più nell’organizzazione”.
A cura di Giulio Cavalli
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C'è aria di crisi in giro per le mafie italiane e, come in tutte le depressioni, lo scontento monta portando risultati clamorosi. Pochi giorni fa si è registrato il pentimento di Sergio Macaluso, arrestato lo scorso dicembre nell'ambito dell'operazione Talea che ha portato in carcere 25 mafiosi: Macaluso è uno degli elementi di spicco di Cosa Nostra nello storico mandamento Resuttana-San Lorenzo e le sue indicazioni ai magistrati hanno portato all'arresto di Giuseppe Biondino, figlio di Salvatore, l'autista e braccio destro di Totò Riina.

«…Mmeglio la morte… se uno si troverebbe nella vita in condizione di non saperle superare… il lenzuolo… un minuto … agnello e sugo e finiu u vattiu», diceva Macaluso a proposito dei pentiti in un'intercettazione del 2014 che sta tra le carte dell'operazione Apocalisse: finito l'agnello e il sugo il pranzo si può dire terminato, riprendendo un vecchio adagio siciliano. «Nel momento che tu sei preso dalla foga… fai il pentito, – rifletteva Macaluso – ma dico… loro ci riflettono che significa… passare tutta una vita a ricordarsi il male che hai fatto… le famiglie che hai rovinato… che non puoi più camminare… cioè ma che vita è… ma che vita è?».

Oggi invece Macaluso ci ha ripensato. E si è pentito: i suoi verbali raccontano tutto i particolari e i nomi della sua lunga carriera criminale. Perché ha cambiato idea? Semplice. Macaluso racconta di sentirsi "abbandonato in carcere" e di non "riconoscersi più nell'organizzazione" poiché da mesi ormai la "bacinella" (la cassa assistenza che Cosa Nostra utilizza per sostenere le famiglie delle persone in carcere) è vuota per mancanza di liquidità. Non ci sono soldi e il "welfare" interno crolla. Anche in Cosa Nostra.

Capiamoci, siamo ben lontani dalla crisi irreversibile ma la mafia siciliana negli ultimi anni si ritrova schiacciata dagli arresti, le microspie, i pentiti, orfana di capi di peso e logorata dalla concorrenza delle mafie straniere. Le recenti inchieste della Procura di Palermo raccontano come i mafiosi abbiano "abbassato le pretese" nella riscossione del pizzo ai commercianti e di come spesso siano disposti a rateizzare il racket pur di non perdere l'incasso. Secondo l'ultimo rapporto disponibile sul giro d'affari di Cosa Nostra (quello di Transcrime del 2013) il fatturato complessivo si aggirerebbe su 1,87 miliardi di euro, ben lontano dalla liquidità degli anni '90 e ben lontano dia fatturati di ‘ndrangheta e camorra che si assestano sui 3,5 miliardi all'anno.

Giuseppe Campobasso, a capo dell'anti droga della finanza in Sicilia e alla guida della parte italiana di un'operazione congiunta con la Germania che nel giugno scorso ha portato all'arresto di 19 trafficanti lo dice senza mezzi termini: «La mafia italiana, inclusa la ‘Ndrangheta in Calabria, ha investito denaro e beni in Germania negli ultimi anni. Come hanno fatto altre imprese legali in Europa, hanno trovato opportunità di business redditizi in Europa. Gli italiani sono emigrati in Inghilterra, negli Stati Uniti o in altre parti del mondo per trovare opportunità di lavoro. Sfortunatamente hanno anche esportato criminali. I mafiosi stanno affrontando un periodo di crisi in Sicilia. Alcuni di loro hanno fatto i bagagli e si sono trasferiti a Villingen o a Stoccarda, dove hanno trovato un lavoro, criminale e molto redditizio».

Vale la pena riprendere in mano anche le intercettazioni del 2016 in cui i boss di Villagrazia si ritrovavano in riunioni che assomigliano di più a una terapia di gruppo: “Ma che minchia di mafia siamo?” chiedeva Alfredo Giordano ai suoi, “la mafia di… di… di… delle cause perse”. E così cambiano le strategie: meno soldi ai famigliari dei detenuti, meno "fedeltà politica" a questo o quel partito preferendo piuttosto l'accordo locale ("“… ci dobbiamo mettere le persone giuste se no niente… una lista sola… sempre due liste si faranno sicuramente… però… ora c'è il però… non si può andare di nuovo con queste persone" dice il mafioso Giuseppe Nugara a proposito delle elezioni di San Biagio Platani, nell'agrigentino) e il tentativo di riprendersi quote di mercato nello spaccio di droga. E intanto la crisi sortisce i suoi effetti e partorisce nuovi pentiti. Alla Macaluso.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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