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Italia radioattiva, la mappa del nucleare nel Bel Paese

23 siti che contengono tonnellate di scorie radioattive in Italia e quattro centrali in disuso. Il Bel Paese scopre di non sapere dove mettere i rifiuti radioattivi prodotti negli anni passati, c’è il pericolo di contaminazione per l’ambiente.
A cura di Alessio Viscardi
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23 siti di scorie nucleari in Italia, dove il 12 e 13 giugno si terrà il referendum per la costruzione di nuove centrali. La tragedia della centrale nucleare di Fukushima ci fa riflettere e la mappa completa, pubblicata su Il Fatto Quotidiano, stilata da Greenpeace Italia ci mostra dove sono stoccati i materiali radioattivi nel Bel Paese. La nazione che non riesce a risolvere l'emergenza rifiuti di Napoli deve trovare un luogo sicuro per stoccare queste scorie prima di riprendere l'impresa nucleare. Ci sono due tipi di scorie, il primo è quello con tasso di radioattività pari al 10% e rappresenta i 9/10 del totale. Per queste scorie, l'Agenzia atomica di Vienna prevede la costruzione di depositi di superficie vincolati per 300 anni.

Per il secondo tipo di scorie, cioè il 5% del totale, contiene il 90% della radioattività. Per queste non esiste nessuna soluzione attualmente praticabile per il loro stoccaggio. Buona parte degli impianti in cui queste scorie vengono depositate si trova vicino a corsi d'acqua e in condizioni che rendono molto probabile la contaminazione dell'ambiente esterno. Sono quattro i reattori nucleari in disuso in Italia e si trovano a Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina. A questi vanno aggiunti i 23 siti individuati per lo stoccaggio delle scorie prodotte negli anni del loro utilizzo. A Caorso, il reattore viene arrestato nel 1988 e in loco rimangono stoccati 1880 metri cubi di scorie.

A Latina, il reattore fu spento nel 1986, ma tutt'oggi il sito contiene 900 metri cubi di rifiuti radioattivi. Situazione simile a Garigliano, in provincia di Caserta. Il reattore fu abbandonato nel 1978 per problemi di funzionamento, nei capannoni della struttura rimangono 2200 metri cubi di scorie. A Saluggia, provincia di Vercelli, sorge il centro per il ritrattamento del materiale radioattivo, in disuso dal 1983. Vi sono depositati 1600 metri cubi di scorie, nonché dei liquidi radioattivi impossibili da smaltire in alcun modo.

Ci sono anche depositi per la raccolta di materiali definiti a “bassa radioattività”. A Milano vi è la Controlsonic di Campoverde: 1000 metri cubi di rifiuti contaminati e il Crad, in cui sono depositati altri 1000 metri cubi di scorie. C'è poi il deposito Gammatom, il Pontex, il Cemerad e il Sorin: tutti quanti contengono 1000 metri cubi di materiale radioattivo. Il centro nucleare Ccr-Ispra, che comprende il reattore nucleare di ricerca “Ispra 1” e “Essor”, che sono in fase di disattivazione, contiene oltre 3000 metri cubi di scorie radioattive. A Padova c'è il centro di Legnaro, impianto destinato alla ricerca universitaria che contiene pochi metri cubi di scorie.

Nell'ex-reattore nucleare di Trino Vercellese, in disuso dal 1987, ci sono ancora 780 metri cubi di scorie stoccate assieme a 14,3 tonnellate di combustibile irraggiato. A Matera, l'impianto di Rotondella – pilota del “ciclio U-Th” – viene usato per stoccare 2700 metri cubi di scorie provenienti da centrali nucleari statunitensi. Altri siti sono quelli di Alessandria (Bosco Marengo), Pavia (reattore nucleare Lena), Milano (reattore nucleare Cesnef), Bologna (Montecuccolino), Pisa (Cisam), e Roma (diversi impianti). Insomma, più che dire “no” al nucleare, in Italia bisogna trovare una soluzione per le diverse tonnellate di scorie che – dal nord al sud – vengono tenute in capannoni poco sicuri, a rischio di contatto con l'ambiente.

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