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Intercettazioni, Migliucci (UCP): “Immotivata sfiducia nei confronti degli avvocati”

In un’intervista a Fanpage.it Beniamino Migliucci, presidente delle Camere Penali, spiega perché il decreto sulle intercettazioni è stato ritenuto insufficiente: “Si vuole insinuare che le storture che si sono verificate in questi anni nel campo della divulgazione delle intercettazioni siano responsabilità degli avvocati, ma è una barzelletta che amareggia”. E parla di attacco alla “sacralità della funzione difensiva”, che in un Paese democratico deve essere garantita.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il decreto sulle intercettazioni, approvato ieri, ha sollevato perplessità nel mondo dei media, ma anche tra magistrati e avvocati. Per il ministro Orlando non si può parlare di "stretta" sulla possibilità di effettuare le intercettazioni, perché il provvedimento incide solo sull'utilizzo di alcune registrazioni non ritenute rilevanti: "Potranno essere utilizzate solo quelle strettamente necessarie. Le altre finiscono in un Archivio su cui è responsabile il capo della Procura". Ma a sollevare dubbi è proprio il criterio con cui verranno selezionate le conversazioni rilevanti. Spetta comunque alla polizia giudiziaria il compito di annotare le conversazioni, che poi eventualmente potranno essere recuperate nel corso delle indagini. Ma il diritto alla difesa rischia di essere compromesso: gli avvocati difensori possono solo visionare il supporto informatico delle intercettazioni, ma non hanno accesso alla trascrizione cartacea. Questo dilaterà i tempi di lavoro, rallentando l'ascolto da parte degli avvocati delle registrazioni utili per costruire una buona strategia difensiva. E di conseguenza saranno meno tutelati quegli assistiti che non potranno permettersi di pagare uno studio di avvocati in grado di supportare questo processo così macchinoso. Beniamino Migliucci, presidente dell'Unione delle Camere Penali, ci ha spiegato perché il decreto non è stato accolto positivamente.

Quali sono le criticità che avete riscontrato nel decreto?

"Questo decreto avrebbe dovuto tutelare la riservatezza delle conversazioni tra assistito e difensore, la privacy delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, ma che non sono indagate, e poi tutelare la riservatezza delle conversazioni che non sono utili ai fini delle indagini. Se questo era lo scopo crediamo non sia stato sufficientemente raggiunto. Per il primo punto è sancito il mero divieto di trascrizione, mentre avrebbe dovuto essere sancito il divieto dell'ascolto. Un divieto di trascrizione per il quale tra l'altro non è prevista nemmeno una sanzione, neanche di natura disciplinare. E così non serve a nulla. Accade che la polizia giudiziaria conosca perfettamente ciò che l'avvocato dice al suo cliente. Per le conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte esiste un divieto di trascrizione ma anche in questo caso non c'è alcuna sanzione, e quindi è poco efficace.

Secondo lei il decreto ha sollevato un problema per la categoria degli avvocati? Rischiano di essere penalizzati?

"Noi avvertiamo in questo decreto un'immotivata e ingiustificata sfiducia nei confronti degli avvocati, perché in diversi momenti delle indagini non viene lasciata loro la copia delle conversazioni. Come se si volesse insinuare che le storture che si sono verificate in questi anni nel campo della divulgazione delle intercettazioni siano responsabilità nostra. Una barzelletta che amareggia, perché le cose non stanno in questo modo. Nell'acquisizione, per quanto riguarda il metodo, noi abbiamo denunciato che il difensore ha tempi ristretti per ascoltare le registrazioni: potrebbe esserci un rischio anche di una contrazione dei diritti di coloro che devono essere difesi".

Quindi non condividete il principio della tutela della privacy, così come è stato declinato?

"La tutela della privacy è insufficiente. E non si tutela certo non dando le copie delle conversazioni agli avvocati. Non è certamente l'avvocatura che fornisce alla stampa le intercettazioni. Il difensore deve avere la stessa opportunità del pm, se questo non avviene c'è un conflitto con il principio costituzionale della parità delle parti. Noi appunto chiedevamo che al divieto di trascrizione delle conversazioni irrilevanti venisse applicata anche una sanzione, senza limitare i diritti della difesa. Altrimenti il divieto è inefficace. C'è uno sbilanciamento a favore degli organi inquirenti invece. Anche se il pm, non essendo un soggetto passivo, ha poi ha l'obbligo di controllare le valutazioni fatte dalla polizia giudiziaria, che non verbalizza ciò che non ritiene rilevante. Ma queste intercettazioni potrebbero avere una rilevanza per la difesa successivamente. E il difensore che in alcune fasi non può ottenere copia avrà bisogno di giorni e giorni per ascoltare le registrazioni. Ma chi può permetterselo?

Avete avuto modo di discutere con Orlando della bozza?

"Le nostre richieste nei colloqui sono rimaste quasi del tutto inascoltate, per questo riteniamo questo risultato finale deludente. Si tratta di un passo indietro. In particolare per la sacralità della funzione difensiva, non si tratta di un privilegio della categoria. In un Paese democratico l'assistito deve essere libero di poter parlare con il suo avvocato, senza che la polizia o la Procura ascolti la strategia difensiva, deve essere garantito il segreto. Dobbiamo andare forse nelle catacombe per parlare con i nostri clienti? La nostra proposta era semplice: se occasionalmente fossero stati captati questi colloqui privati tra avvocato e assistito il giudice sarebbe dovuto intervenire distruggendoli. E abbiamo chiesto che venissero stabilite delle sanzioni per chi violasse questi divieti. Ma niente di tutto questo è stato accordato. Il decreto passerà per le Commissioni che potranno rivolgere delle osservazioni e speriamo di far passare le nostre".

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